STORIE (QUASI) DI UN VOLTA. LA CACCIA E LA CAREZZA

DI MARIO RIGLI

 

Mio babbo era cacciatore. Mio fratello Massimo ed io siamo diventati cacciatori con lui anche se ora non lo siamo più. La mia sorella piccola qualche volta per la verità è stata con noi, il babbo ed i fratelli. Ma non ne era particolarmente entusiasta. Letizia è molto più piccola dei suoi fratelli, 13 anni di distanza da me e dieci da Massimo, addirittura 19 da Carla, la sorella più grande. Per questo Letizia era la gioia di tutti e tre, quasi una bambola per noi, una bambola di carne e sangue, con la nostra stessa carne ed il nostro sangue. Letizia fin da subito è stata una gioia nella nostra famiglia, con i suoi sorrisi, il suo affetto e anche le sue bizze, era parte di noi. Letizia era una bambina bellissima ( lo potete vedere dalla foto) ma bellissima lo è anche oggi a 46 anni. Una bellissima donna di quasi 50 anni, con tre figli bellissimi. Letizia anche se le assomiglia è molto più bella della Ferilli ad esempio. Letizia è un dono della natura.
E quando era piccola lei era il mio soggetto preferito ,era il soggetto delle mie foto. Allora avevo una camera oscura e partecipavo ai concorsi fotografici con le mie foto in bianco e nero. Scattavo, sviluppavo il rullino e stampavo le foto, e Letizia c’era spesso dentro. Le sue scale di casa hanno ancora foto che io ho fatto in quel tempo.
Ma vi voglio dire di questa foto.
Letizia accarezza una tortora.
Vi ho detto in inizio che noi eravamo cacciatori.
La tortora che Letizia accarezza nella foto era stata ferita proprio da noi e lei aveva accudito.
E’ una tortora selvatica, naturalmente, anche se i suoi meravigliosi colori, diversi dalla tortora domestica, non si vedono in foto.
La nostra tortora non aveva mai visto sbarre di gabbia. Stava in casa con noi, una modesta casa popolare e condominiale. Stava con noi a mangiare, mangiava nel nostro piatto, addirittura dalle nostre labbra e dalla nostra lingua. E non si allontanava mai da casa, nonostante le finestre fossero sempre aperte. Un voletto all’esterno e poi rientrava da noi, loro fratelli e genitori insieme. Veniva anche con noi fuori. Sempre veniva con noi. Con la nostra cinquecento grigio topo, senza gabbia, libera di svolazzare sulle spalle e sulla testa di tutti. In campagna, al mare, in montagna. Quando potevamo permettercelo, lei era sempre con noi.
Nella foto siamo in montagna alle falde del Pratomagno. Quella estate non potevamo permetterci il mare. Eravamo vicini a l’Anciolina, il posto della befana per noi bambini, fra Chiassaia e L’Anciolina. Eravamo alle “Casacce” un posto bellissimo, una pineta bellissima . E la tortora era con noi. Libera, tranquilla svolazzava fra i pini e poi tornava a riprendersi le carezze di Letizia su un masso mentre lei era distesa nell’erba. Forse avevamo già fatto il picnic, ma era una delizia aver abbandonato anche per poco l’afa della valle, l’afa di Terranuova.
Ed io avevo la mia Konica e ho ripreso Letizia fra le erbe e la sua tortora.
Un giorno di una qualche primavera dopo, la tortora sentì tubare un’altra tortora, domestica. Se ne andò con lei per un po’ e poi tornò. Andava con lei e poi tornava da noi, poi ci faceva il suo richiamo da più lontano, tornava a mangiare e poi volava attraverso le finestre aperte. Ci salutava sempre più da lontano fino a che un giorno non è tornata più. Letizia dopo un attimo di smarrimento fu subito felice e noi con lei. La tortora aveva imboccato la strada definitiva della sua vita.
Ma Letizia è ancora alle Casacce, distesa sull’erba, con la sua tortora che si fa accarezzare appollaiata su un masso di pietra serena come sereno era quel cielo quel giorno.