Luna, il convitto, i Maneskin, Guido Monaco, il Canzoniere e la fiera.

Di Mario Rigli

– Mi accompagnate voi questa settimana? Non mi va di andare in treno –
Luna chiedeva a sua nonna ed a me, a me in via subordinata visto che sono il vice-nonno. Ero ferocemente combattuto fra la voglia di andare, di accompagnare Luna o di starmene pigramente a casa la domenica pomeriggio. Eh si, non si trattava di “accompagnare” semplicemente, ma di accompagnarla al “Convitto”.

Avevo visto come il fumo negli occhi, da subito, questa scelta scolastica. Luna sarebbe stata tutta la settimana lontana da casa, senza che noi potessimo vederla, senza che noi potessimo parlarle. Io andavo quasi tutti i giorni a prenderla a scuola, prima. Già, prima, ma allora faceva le medie, ora le superiori. Liceo artistico, indirizzo multimediale cinematografico ad Arezzo. Fino ad ora era andata in treno, qualche volta l’avevano portata i genitori. Ma a me mancava durante la settimana. Era un presenza costante per me e per la nonna. Era lei che mi faceva i filmini mentre strimpellavo la tastiera e componevo le mie musiche da inviare al mio grande arrangiatore ed orchestratore.
Ed ora dovevo accompagnarla al convitto.

 

Avevo il terrore di vedere quel portone che si chiudeva alle sue spalle, ma dovevo andare.
Non ho preso l’autostrada, ma la “Setteponti” quella magnifica strada che si snoda fra le colline che dal Valdarno portano ad Arezzo.

– Conosci questo ponte Luna? –
– Mi hai detto che facciamo la “Setteponti? Sarà uno dei sette! –
– No, Luna, questo è il ponte di Leonardo


– Leonardo chi, quello della Gioconda? –
– Proprio lui, è proprio il ponte dipinto alle spalle della Monna Lisa, un giorno quando avremo più tempo ti porterò a vederlo giù dagli argini dell’Arno –
Luna e la nonna si sono guardate e hanno gonfiato le guance proprio nella tipica espressione che significava “che palle!”. Ho fatto finta di non vedere.
Loro facevano sempre così, ma in fondo erano contente di ogni cosa che dicevo, ormai però il loro atteggiamento doveva essere quello, lo era da tempo, ma io non demordevo.
– In che parte di Arezzo è il Convitto? Penso che sarà nel centro storico ed oggi c’è la fiera antiquaria – dico a Luna.
– Sai dov’è Piazza Guido Monaco? –
– Certo, conosco bene Arezzo –
– Tu mi scendi lì con nonna, e poi vai cercare un parcheggio nei dintorni –
Mi sono accostato al marciapiede, mettendo le doppie frecce, ho preso per mano Luna e la nonna, mentre si guardavano sempre con le gote gonfie.
Sotto la statua ho chiesto a Luna:
– Ormai è diverso tempo che vieni ad Arezzo, sai chi è lui? –

– Mario, c’è scritto, e poi anche la piazza si chiama Guido Monaco –
– Si, ma perché gli hanno fatto il monumento e cosa faceva? –
– Facile, a vedere dagli abiti era un frate e poi si chiama anche monaco –
– Brava, ma perché era famoso? –
Altra gonfiata di gote.
– non lo so –
– Vedi Luna, lui ha inventato la moderna notazione musicale. Lui devi ringraziare se ascolti i Maneskin e puoi scoprire se Marlena torna a casa o no, a lui devi se puoi ascoltare la musica su queste parole che so ti piacciono: “Siamo soltanto bagagli, viaggiamo in ordini sparsi. Se solamente Dio inventasse delle nuove parole potrei scrivere per te nuove canzoni d’amore E cantartele qui”-
– Grazie Guido per i Maneskin e per Ultimo –
Siamo tornati alla macchina. Intanto era arrivato il ragazzino di Luna.
– Aspettatemi qui trovo un parcheggio e torno. –
Non ho sceso il trolley di Luna, lo avremmo fatto la sera.
Passando dalla casa del Petrarca Luna mi ha preceduto.

– Di questa so tutto –
– Chi ci abitava?
E lei di rimando: – “S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento?”
Sono rimasto sbalordito, a bocca aperta! Luna che cita esattamente il Canzoniere!
Si, è un momento di innamoramento per lei come si può essere a quattordici anni e la frase è adatta per il suo momento, ma citare il Canzoniere!
– Noi andiamo a fare un giro per conto nostro –
La nonna non è molto contenta, si vede bene.
– Ok ci si vede qui intorno alle sei –

Lisa ed io ci siamo immersi nel clima fantastico della fiera antiquaria.

Un magone ci ha attanagliato alla gola entrambi, quanto languore, quanta nostalgia! Per quanti anni abbiamo fatto quel lavoro! Lo avevamo iniziato subito dopo che i negozi del Borro e di Terranuova avevano cominciato a stentare. Ricordavo la prima volta ad Arezzo. Avevo ottenuto un posto alla “spunta” proprio in Piazza grande. Era il primo gennaio di diversi anni fa e non c’erano molti espositori. Ricordo che vendemmo due icone russe. Felicissimi! Avevamo incassato almeno quanto una settimana intera nei due negozi.
E le levatacce per andare d Orbetello, a Parma, a Città di Castello!

Si erano fatte le sei. Luna è arrivata da sola, il ragazzino era rimasto al Convitto.

Abbiamo fatto un cena-merenda con tranci di pizza. Ho bevuto la mia birra e mi sono avviato a prendere il bagaglio di Luna in macchina.
– Aspettatemi qui –
Il trolley fucsia non correva bene nei marciapiedi sconnessi della città vecchia, ma era sempre meglio di una valigia normale.
Ci avviammo. Gli espositori stavano cominciando ad incartare porcellane e vetri, ceramiche ed argenti, statuine e oggettistica. Sistemavano il tutto, con cura nelle robuste scatole delle banane, accatastavano quadri e stampe e mobili. I furgoni cominciavano ad arrivare congestionando il passaggio degli ultimi visitatori. Ci guardammo Lisa ed io. Quante volte abbiamo vissuto quei momenti!

Vittorio Emanuele II si chiamava il Convitto.
– Che nome strano per un istituto scolastico, specialmente in una città come Arezzo! – pensai.
Luna ci abbracciò forte. Il portone pesante si chiuse alle sue spalle. Non l’avremmo rivista per una settimana.
Senza proferir parola tornammo al parcheggio. Sei euro, mi disse il display della cassa automatica.
– Cazzo! più della cena!-
Avviai il motore e mi diressi verso casa.
– Chissà se avrò il tempo di aiutare Luna nel soggetto o nella sceneggiatura del suo primo film? –
– Che dici? – rispose Lisa – certo che si!-
– Lisa ho settant’anni –

#Mario Rigli