Luna e il suo primo racconto fantasy

Di Mario Rigli

– Mario, mi sistemi un po’ le virgole e mi correggi qualche errore?
Era Luna che mi chiedeva.
– A cosa Luna? –
– Un raccontino fantasy che ho scritto –
– Come mai un racconto fantasy? –
– E’ per scuola, ce lo ha chiesto la professoressa-
– Ok, mandamelo per WhatsApp –
Mi aspettavo una mezza cartellina. Luna ha dodici anni a frequenta la seconda media. Mi sono arrivate sette cartelle!
Le ho telefonato subito.
– Luna mi ci vuole un po’ di tempo, ma la prof ti ha dato anche l’argomento? –
– No argomento a piacere, l’unico vincolo è quello di inserire queste parole: Disgustoso, Filtro, Traversie, Sfida, Bislacco, Basito, Miraggio, Pozione, Malvagio, Macilento, Mugghio, Unguento, Rabdomante. –
– Acc. Peggio di un argomento fisso –
– Anzi guarda se le ho messe tutte.-
– Ma con che cosa lo hai scritto? –
– Con il telefonino, nell’intervallo a scuola. –
…….

Questo è il primo racconto fantasy di Luna, anzi il suo primo racconto in assoluto. Io ho fatto solo un piccolo lavoro di editing, molto piccolo, lasciando quasi tutto di lei, qualche virgola e qualche errore ortografico.
……….

Ghon ed il Tricorno

Ghon era un ragazzo che fin da piccolo amava viaggiare, conoscere luoghi strani e inesplorati, ma la sua passione preferita era leggere. Amava immaginarsi il protagonista o quello che avrebbe cambiato del tutto la situazione. Il suo libro preferito era “Alice nel paese delle meraviglie” che lui chiamava “Ghon nel paese delle meraviglie”. Quante volte aveva letto quel libro! Cancellava con un segno di lapis il nome “ Alice” e lo mutava in Ghon. Si sentiva così più nel vivo della storia. Ghon era cresciuto e la sua curiosità stava svanendo sempre di più. Da piccolo non voleva sentirsi dire “sei troppo grande per……” Secondo lui quando si diventava grandi la voglia di giocare e l’ innocenza svanivano. Ghon lavorava presso una ditta di lenzuola e ogni giorno si alzava la mattina presto, andava a lavoro, tornava a casa la sera tardi. Cenava con la solita carne in scatola. Prima di andare a dormire, guardava la fotografia dei suoi genitori ormai defunti. Un incidente d’auto. Ghon li amava con tutto il cuore ,preferiva il padre perché era l’unico che, secondo lui, riusciva a capirlo. La madre invece trovava DISGUSTOSO il fatto di viaggiare con la mente e di immaginare se stessi come altre persone con altre qualità ignorando chi siamo realmente. Ghon non era per niente d’accordo con l’idea della madre, ma le voleva bene comunque.
Un giorno il sogno di Ghon che aveva da bambino, quello di stravolgere la situazione ,si avverò. Un giorno come tutti al lavoro, un BISLACCO, MACILENTO e vecchio signore, gli si avvicinò e gli confessò di essere RABDOMANTE . Come se fosse divertito all’idea, il vecchio tirò al ragazzo una pacca sulla spalla e mentre si allontanava disse fra se e sé “non è quello giusto”. Ghon udì quelle stesse parole ma lasciò fare e fece andare via il signore . Si sentiva strano, stava quasi per svenire, ma non ne sapeva il motivo. Le gambe non c’è la facevano a stare in piedi fino a quando chiuse gli occhi. Le grida dei colleghi si facevano sempre meno sentire, sino a che Ghon si ritrovò disteso in mezzo a una pianura. Come un MIRAGGIO, l’erba era verde smeraldo e umida come se fosse mattino. Si alzò in piedi mentre la testa gli risuonava e vedeva tutto sfuocato. Si distese nuovamente questa volta però su un masso. Non si preoccupò di dove era e perché fosse lì, la sua mente era troppo concentrata a mettere a fuoco la situazione. Dopo qualche minuto, il cervello si riattivò e si alzò in piedi, si guardò in torno. Davanti a lui c’era una valle enorme dove c’erano tante persone in miniatura. Al posto dei vestiti erano ricoperti da fiori di dente di leone , solamente tutti colorati: rosa, verde, gialli, viola . Ghon scese a valle insieme alle persone piccole. Erano così piccole che potevano passare attraverso i buchi di uno scolapasta. Non avevano nessuna paura, dal loro punto di vista, Ghon doveva sembrare un gigante, ma invece no, loro non lo temevano. Mentre cercava di instaurare un contatto con queste persone, Ghon alzò gli occhi al cielo e vide dei draghi.
Draghi più grandi di lui cavalcati da persone grandi come Ghon. Indossavano abiti scuri e avevano le orecchie appuntite come dei folletti, solo non lo erano, avevano sembianze umane. Appena oltrepassarono il cielo azzurro tutti rimasero immobili. Il drago più grande era guidato da un’altra specie di umano che frustava inutilmente le creature vestite di fiori. Ghon urlò più forte che poteva, ma nessuno lì, sembrava riuscire a sentirlo né a vederlo. Prima credeva di si, ma ora era certo che lui poteva vedere e sentire, ma loro no. Ghon allora iniziò a battere il piede per terra tre volte. Alla quarta, non si sentì più il piede, guardò in basso e…… aveva dei piedi minuscoli, le sue mani si rimpicciolivano e si stava anche abbassando!
Gridò per la paura o l’emozione, non sapeva nemmeno lui cosa stesse

provando in quel momento. Qualche minuto dopo si ritrovò completamente microscopico. Vedeva le persone che prima erano minuscole, grandi come lui.
Gli abitanti che erano nella vallata ad arare i campi, si girarono improvvisamente come se prima lui non vi fosse.
I Cavalieri dei draghi erano ancora lì, appena andarono via, gli abitanti della valle si avvicinarono a lui
-chi sei? Qua nessuno ti conosce, se vuoi saccheggiare Fuffolandia, vattene via altrimenti avvertiremo il governatore Tricorn!-
dissero impauriti.
– Non sto cercando guai, non so perché sono qui, ma vi prego datemi riparo- chiese Ghon con aria pacifica . Le persone vestite di fiori farfugliarono tra loro
-okay straniero, sarai ospite nella casa di Ana ,lei è una anziana vedova che è sola in casa sua, ha sempre voglia di compagnia. Stanotte starai da lei, ma non dobbiamo farti vedere dal governatore Tricorn-
– chi è Tricorn? – chiese Ghon –
– Tricorn è il nostro imperatore malvagio ,lui è un gigante. Anzi, non sappiamo se siamo piccoli noi o lui e la corte grandi, fatto sta che Tricorn ci fa vivere in carestia, ci fa lavorare tantissimo, ma quello che coltiviamo non possiamo prenderlo .
– Ci fa lavorare in condizioni orribili! – disse uno dei fuffosi .
Ci fù un minuto di silenzio , Ghon capì che l’imperatore era quell’essere di prima che a cavallo di un drago frustava quegli esserini. Pensò a tutte le TRAVERSIE che quei poveretti avevano passato e avrebbero dovuto passare. Si fece sera e il governatore tornò a controllare il lavoro dei fuffosi , come ormai li chiamava Ghon. Dette la notizia della fine del lavoro giornaliero
– miei carissimi sudditi o schiavi, definitevi come preferite, – disse il MALVAGIO governatore – il vostro lavoro giornaliero termina qui, vi aspetto all’alba per continuare ad arare. Ghon era nascooosto dietro un albero.
Mentre i fuffosi si avvicinavano al villaggio chiamarono Ghon e lo fecero entrare nella casa di Ana. Ghon si trovò bene. Ana era una anziana signora che gli ricordava la madre.
– salve signora, io sono Ghon, sono uno straniero, ma non so bene dirvi da dove provengo, sicuramente da molto lontano. Mi hanno detto che lei è gentile e cerca sempre compagnia, sono qui per chiederle asilo.-
La signora lo fece entrare senza dire niente. Rimase lì due giorni, scoprì che Ana in realtà era muta, ma riusciva a parlare attraverso lo sguardo.
Ghon si credeva un ragazzo come tutti ,anche gli abitanti lo credevano una creatura comune, tranne Ana . Lei aveva sempre cercato un qualcosa o qualcuno che potesse sconfiggere il governatore. Aveva ucciso suo marito perché non sapeva arare bene. il terzo giorno, quando Ghon si svegliò, uscì dalla sua camera, si affacciò allo stipite della porta della cucina. Vide Ana parlare con lo strano signore che gli fece visita al lavoro.
Ghon, con le lacrime agli occhi aprì di colpo la porta e si scaraventò contro il vecchio chiedendogli dispregiativamente ,cosa gli avesse fatto per farlo arrivare qui.
– Nulla rispose – sei stato solo tu a volerlo ed è un bene per tutti noi- Ghon, BASITO lasciò il vecchio con uno strattone e si allontanò, mentre l’anziano se ne andava via impaurito. Ana seguì Ghon, gli dette da bere una POZIONE. Doveva essere di erbe, lo indovinò dal FILTRO dove si erano depositate. Era buono però e si sentì rinvigorito, poteva accettare ora qualsiasi SFIDA .
Ana gli consegnò una spada con una punta dorata e placcata d’argento, Ghon intuì che era del defunto marito. Gliela rese, ma Ana la rifiutò riconsegnandogliela, capì che era un regalo. La stessa notte si svegliò di colpo, tutto sudato e aveva la spada accanto al comodino che sussurrava “guardami……….guarda…ammirami….e ricordati di me” Ghon, BASITO da questo evento, prese in mano la spada e tutto il sangue gli si gelò di colpo, non circolava più, almeno era la sua sensazione. Si spalmò un po’ dell’UNGUENTO che Ana gli aveva messo sul comodino e il sangue riprese a scorrere.
Guardò la spada e mentre la guardava con attenzione, la spada si stava incidendo da sola. Sembrava latino “interficias et capere Tricorn”. Non sapeva il significato, ma gli pareva un ordine.
Ghon decise di alzarsi all’alba e di recarsi al castello di Tricorn .
Non avrebbe voluto, ma il suo istinto lo obbligava. Sì riaddormentò a stento.
All’alba si recò al castello. In lontananza si sentiva il MUGGHIO dei draghi. Alla porta c’erano due guardie enormi, ma aveva la spada magica, oddio lui non era sicuro che fosse magica, ma il suo istinto gli diceva di si. Credeva che in qualche modo gli sarebbe servita anche se non sapeva quando e dove. Vicino alla porta del Castello vide un fuffoso vestito di azzurro, la creatura stava lì ad aspettare, Ghon si avvicinò e gli chiese cosa stesse aspettando. Con ansia il fuffoso gli rispose che stava aspettando la madre, era andata a protestare con il governatore all’interno del Castello. Era da tanto tempo che non tornava. Ghon gli chiese il nome. Si chiamava Marco. Era un fuffoso molto piccolo, una sorta di bambino, anzi si avvicinava più a un fanciullo o per meglio dire a un ragazzo. Avrà avuto circa 15 anni o anche meno. Ghon non gli chiese l’età, era troppo concentrato a trovare un modo per entrare dentro l’edificio. Passò qualche minuto e Marco e Ghon udirono dei forti rumori provenire dal cielo splendente. Alzarono gli occhi e videro i draghi, gli stessi che Ghon aveva visto appena arrivato nel nuovo mondo. Marco spiegò a Ghon che quello era il governatore con altri suoi amici come l’imperatore ,la regina e altre persone che non conosceva. Ghon sospirò di sollievo, Marco gli chiese il perché, lui rispose che ora poteva entrare più facilmente nel castello e sconfiggere il re appena torna. –Ti accompagnerò, sono in pensiero per mia madre e non so dove sia finita, ma se il governatore sta andando via di certo non sta parlando con lei – Ghon era pienamente d’accordo. Marco, osservando meglio il suo compagno, vide che portava con sé una spada, incuriosito gli chiese il perché.
Lui non rispose, non sapeva cosa rispondere. I due pensarono molto a lungo il modo per entrare dentro il Castello. Decisero che Marco avrebbe distrattole guardie mentre Ghon entrava dentro il castello, poi, a sua volta, lo avrebbe aiutato ad entrare. Il piano andò a buon fine e i due riuscirono ad entrare dentro il castello.
Una grandissima scala a chiocciola con un tappeto rosso si presentò davanti a loro. Non era fissa e immobile, ma portava le persone in qualunque parte del Castello. Salirono sopra le scale, una voce femminile senza accenti si fece sentire e chiese – dove vi porto?- I due chiesero porta loro nella stanza del governatore. La scala ubbidì senza esitare. Arrivarono davanti a una porta bianca con decorazioni barocche da persone importanti. Ovviamente la porta era enorme, o forse erano loro piccoli. L’unico loro scopo era quello di entrare nella stanza del governatore e di trovare la madre di Marco. Come normale, anche la porta parlò, cosa insolita per Ghon. Marco sembrava abbastanza abituato, ma era comunque stupito perché non aveva mai visto tanta magia tutta insieme.
Le parole della porta furono tre: – chi vuole entrare?-
I due non risposero a quella voce maschile strana, senza dialetto e accento. Volevano rispondere, ma non sapevano se dire la loro vera identità o dire che erano amici del governatore.
Stettero molti minuti lì a pensare mentre la porta ripeteva la stessa domanda in continuazione.
Chi vuole entrare? Chi vuole entrare? Chi vuole entrare?
Era difficile per i due concentrarsi con quella voce metallica e insistente.
Marco non ce la fece più ed urlò: – Bastaaaa! A quel punto la porta sempre con la sua voce strana disse: – Complimenti, siete riusciti a sbloccare L’enigma del governatore –
Improvvisamente la porta si aprì con un suono acuto ,e stridii come lamentele, urla femminili. Davanti a loro c’era una cella, all’interno una signora, la mamma di Marco. Entrambi avevano le lacrime agli occhi. Marco si avvicinò, cercando di abbracciarla attraverso le sbarre. Piangevano, ma Ghon aspettava l’arrivo del governatore. Non ne sapeva il motivo, ma lo voleva vedere, era crudele con i fuffosi e si voleva vendicare. Con Marco si nascosero dietro la tenda accanto alla cella, fecero silenzio in attesa dell’arrivo del governatore.
Improvvisamente la porta da cui erano entrati si apri e un gigante enorme vestito di pelliccia, con una corona d’oro posata sulla fronte e con le orecchie appuntite, entrò. L’Imperatore si mise a sedere sulla sedia della scrivania, anche questa vicino alla cella microscopica. Il governatore iniziò a farfugliare qualcosa, non si sapeva bene cosa , sembrava quasi che stesse parlando da solo . Dopo qualche minuto di farfugliamenti, si girò verso la cella, si era forse accorto di qualcosa. Ghon uscì dalla tenda con la spada alzata al cielo poi, puntandola verso il basso, la spinse con tutta la forza che aveva sul piede del governatore. Un urlo stridulo e cavernoso allo stesso tempo uscì dalla bocca deformata da smorfie di dolore. Un raggio dorato uscì dal buco che Ghon aveva fatto sul piede. Marco guardava stupito, ma mai quanto sua madre. Il governatore si sciolse nel nulla, in una polvere grigia che veniva spazzata via dal vento.
(Luna Simoni)