Di Mario Rigli
Letizia secondo Treccani, ma anche l’Accademia della Crusca, è sinonimo di gioia, di felicità. Non per niente Lorenzo dei Medici, il Magnifico, ne parla. Tutti ricorderete quel “chi vuol esser lieto sia”, poi Lorenzo parlava anche del domani, del futuro, ma se è il caso noi ne parleremo dopo. Per ora concentriamoci sulla parola Letizia. Laetitia in latino.
Si, anche per me Letizia è sinonimo di gioia e di felicità, ma ha anche altre accezioni più morbide, più dolci. Letizia rispetto a felicità ha più pudore, è meno chiassosa, è più flou. Anche rispetto a gioia ha un aspetto più dimesso, meno vociante. Letizia è la parte della felicità e della gioia più intima, ma anche più estroversa. Felicità e gioia sono più visibili, al momento, forse, ma sono un’esplosione rivolta al dentro di chi prova quel sentimento. Letizia invece si propaga, piano piano, ma inesorabilmente verso gli altri, verso chi ti sta vicino, verso chi ti parla, verso chi ti ascolta. Felicità e gioia sono un dono privato, Letizia oltre questo è un dono per gli altri. E’ un abbraccio, è una carezza, è una parola rivolta oltre il proprio io.
Letizia è anche un nome proprio di donna però, e raramente, chi lo porta, non porta anche fede al nome che le è stato dato.
Io non ho mai conosciuto la Letizia per la quale ho dipinto questo lavoro. Letizia non è più con noi ed io non l’ho conosciuta. Ho conosciuto la mamma e molto bene i nonni, gli zii, i cugini. Ma attraverso le loro parole mi pare di averla conosciuta anch’io e da sempre. Non solo, ma da quando ho cominciato a dipingere il suo volto, le sue labbra, i suoi sentimenti l’ho sentita dentro. Davvero. E ad ogni tratto di china l’intimità del pensiero aumentava. Letizia mi è entrata dentro con tutta la sua carica vitale, la sua gioia di vivere, i suoi sentimenti. Mentre dipingevo le parlavo e mi parlava, l’ascoltavo e mi ascoltava. E attraverso questo colloquio, tenendo presente questo colloquio, sono potuto andare avanti nel dipingerla. Io, di solito, cerco di dipingere più il dentro, l’interiore più che l’esteriore e per farlo oltre le parole di mamma, dei nonni, della zia, dei cugini avevo estremo bisogno di parlare con lei. E Letizia lo ha fatto.
Spero vivamente che quello che ne è venuto fuori rispecchi questo colloquio oltre il tempo, lo spazio e la dimensione.
Il ritratto centrale, grazie Lisa per i tuoi grandissimi ritocchi nei ritratti, è quello di un giorno importante per lei, il giorno fondamentale, il giorno fortemente voluto, aspirato, cercato. Un giorno di vita, un giorno agognato e speso con tutta la letizia insita nella sua anima e nel suo nome. Con il suo sorriso velato, immerge il volto in un cielo scuro di lune, pianeti e mandala, uno dei quali ha l’immagine del babbo. Il Cielo può sembrare scuro, ma i pianeti che lo illuminano sono abbaglianti come il suo sorriso. Il petto è pieno di fiori e di farfalle che sui fiori svolazzano, e sono rose. Rose conoscibili, terrene. Profumatissimee belle come le rose, ma use al nostro sentire. Insieme alle rose allora ci sono dei fiori, diversi, strani, mai visti come se fossero di un altro mondo, di un’altra dimensione, di un altro vivere. In una pergamena a fianco ci sono dei miei versi, scaturiti da quel contatto di cui sopra dicevo. Non ho potuto fare a meno di riportarli anche qui, forse per testimoniare in qualche modo, l’afflato che si è venuto a creare. Al centro ci sono due labirinti: uno rosso e uno nero. Il labirinto è uno status normale della nostra vita di uomini. Un simbolo del percorso che tutti siamo chiamati ad intraprendere. E se il Minotauro minaccioso è sempre in agguato, non c’è quasi mai un filo di Arianna al quale potersi aggrappare sicuri. Noi tutti, Tesei impauriti e tremanti, siamo costretti ad andare a tentoni, barcollando senza quasi mai certezze, senza orientamento sicuro, senza una bussola affidabile. Non Letizia. Letizia è la ragazza ipotetica di quel grande fumetto, con le braccia alzate, con il volto rivolto al sole e al mare, con il volto rivolto al Cielo. Cielo che è la sua bussola e il suo filo di Arianna insieme. Ed è una ragazza carica di felicità e gioia, ma soprattutto di Letizia. Il fatto di inserirla in una cornice quasi di fumetto, è per dare più leggerezza all’immagine. Il mare è davanti, il Cielo anche, ma è un cielo non monocromo ma pieno di colori, quasi più arcobaleno che cielo. E tutti sappiamo che l’arcobaleno è un termine per uno stato di pioggia, ma soprattutto promessa di sereno, di chiaro e di sole. E anche le stelle, pur aguzze, sono luminosissime e smaglianti. Gli alberi ,anche, sono determinanti nella coreografia della scena. Alberi strani e fantastici, rigogliosi e colorati, solo uno in lontananza ha un ramo spezzato per una tempesta pregressa. E sopra il fumetto ancora arcobaleni, più visibili del cielo-arcobaleno della scena. Le braccia della ragazza sono aperte per ricevere, ma soprattutto per dare del suo dentro a chi le sta vicino e che immagina attraverso il mare ed il cielo. All’estrema sinistra, in basso, un altro volto, la Letizia di un tempo. Non lontano, ma la sua gioia misurata, la sua Letizia, come abbiamo detto in inizio, la porta a pensare, a domandarsi, come indica la mano sul mento e gli occhi persi oltre l’orizzonte.
Sopra ancora lei nello stesso giorno del ritratto centrale con gli stessi orecchini di perle e la pettinatura accurata, Poi una grande Fenice, l’uccello mitologico che non ha bisogno del filo di Arianna. Non ci sono fiamme né ceneri che possano impedirne la vita, l’uccello della resurrezione permanente. Ed è un uccello che canta sempre, senza sosta, per noi. Ci sprona e ci guida oltre le distanze, oltre i venti, le erbe, le barriere. Poi un fascio di mimose. La mimosa, il fiore della donna, il fiore di Letizia, un fiore di letizia. La mimosa il fiore di quel giorno, il fiore del momento in cui Letizia si è messa in cammino, senza lasciare e lasciarci, ma ha cominciato non l’ultimo, ma uno dei suoi viaggi verso il cuore degli altri. E ha preso quella scala che porta alle nuvole, quella scala ripida forse, ma contornata di fiori variopinti e leggeri alle caviglie, ma soprattutto una scala che tu Letizia, non percorri in una sola direzione. Una scala che tu fai anche in discesa, perchè ogni giorno la percorri a rovescio, ogni giorno la discendi leggera, ogni giorno sei di nuovo con noi.
La mia poesia nella pergamena
Laetitia
Ci sono delle giornate brevissime
dove l’alba si aggrappa al tramonto
terse come alcune d’inverno
o tiepide di primavera,
ma piene di sole e sorriso,
di gioia di vivere e lucentezza d’occhi.
Giornate dove però fai tutto,
dove dai tutto il tuo dentro,
dove incidi e lasci tracce profonde
e tutto con gioia e Letizia.
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