Di Rino Girimonte
Vengono insieme il vento e la pioggia come due gendarmi in divisa invernale. S’accoppiano alle onde anche quando il mare è in calma, e non son culle per bambini, pochi giorni, appena qualche mese, Joseph ne aveva sei, e poi niente, l’insondabile via vai del niente. Fuori i documenti, ti intimano di esibire, e tu sei nido spoglio, di identità imprecisa, un progetto di vita, un ramo, un filo d’erba abbattuto, nudo e senza tasche, come un lenzuolo lavato a pianto.
Non sono notti queste per le stelle, hanno il volto scuro che ha il cielo, né reti, né pescatori erranti a caccia di speranze, a fatica le preghiere si fanno strada, c’è buio che sovrasta, ogni finestra guarda verso dentro e tace.
Vengono insieme, tenuti per mano, come una coppia che si avvinchia, la pioggia e il vento, ballano sui tetti, bussano ai vetri, restano quieti sul davanzale, come in attesa di poter entrare.
Ci vorrebbe l’astuzia di Ulisse e il suo cavallo bugiardo, che tiene in grembo la spada e l’inganno, per mettere in scacco gli elementi, ci vorrebbe il desiderio di aprirsi al mondo che io ho dentro, ed un mare che si chiuda allo sconforto, come il pugno di una mano dopo la carezza, e piange perché un bimbo è morto, ci vorrebbe un canto di sirena ammaliatrice e tenera, e non l’urlo della madre che apre le acque, ecco cosa vorrei, e sbattere il mio sguardo in faccia a ogni tempesta per salutare di nuovo un’alba che rimonta, debole riflesso di un’emozione, un carillon che non suona, scatola chiusa di un ricordo.
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