A ruota libera e bucata

Di Rino Girimonte

Che dire, oggi. Poteva essere un altro giorno ma è domenica in Novembre, sembrava che il freddo dovesse saltare un turno ques’inverno, ma è già sull’uscio delle case, bussa, con nubifragi, colpi di tosse, sirene. Cioè, senza la novità di una speranza.
E stridono i denti e pure le parole, altre rimangono congelate in gola, come congetture inespresse, vaccini che non curano. È piena d’insidie la verità per chi soffre di narcolessia, scuote radici degli alberi che fanno bosco fitto fitto, che non lascia passare neanche un respiro, figurarsi un dubbio. E le parole non dette fanno più rumore, fanno più male del silenzio, un monologo assordante in una foresta di sordi. Chi tace non vuol dire che acconsenti, ma ha esaurito il tempo di replica, o si sta dando il piacere di ascoltare altro. Ad altri, invece, hanno tagliato la lingua, hanno perso il diritto di parola.

C’è stata un’assemblea di tacchini, alla fine hanno votato una mozione di sfiducia contro gli uomini e questa fregola che prende loro, come una febbre, di tirargli il collo per le feste. È trapelata la notizia di un possibile indulto ma l’opposizione, come è sua natura, si oppone e i macellai pure, vorrebbero un Natale almeno tre volte l’anno.

Nei momenti di sconforto riannodo i fili della memoria vado indietro nel tempo e Novembre, per me, è mese di frenate brusche, di un pullman che si è perso per piste di montagna, dove solo transitano cerbiatti in libertà, che non lasciano impronte nella neve, e non ne vuole sapere di proseguire il viaggio e varcare il confine. E allora scrivo, ascolto musica e suono, oppure cerco conforto nella lettura per inciampare in cose che non so, e continuo a sorprendermi scoprendo che non siamo le uniche creature capaci di riconoscerci in uno specchio, che ci sono altre specie che possono comunicare tra loro e perfino… confondersi, come noi.

Finalmente, siamo figli del pesce polmonato che, partendo dal mare, approdò sulla terra e s’accomodò ad altre umidità.
Siamo anclati nel regno degli artropodi, siamo una comunità popolosa di batterie che iniziò il suo viaggio migliaia di milioni d’anni fa e ci sopravviverà altrettanto tempo, nonostante il freddo che sta per arrivare.

Si è fatta sera a Crotone, è scivolato nel fiume Marinella, da sempre sotto il livello del mare, le sue strade sono corsi d’acqua, lenzuola stese e mai asciutte, a conferma che le disgrazie vengono almeno in coppia, mai da sole.

E adesso potete pure chiamare un’ambulanza per venirmi a prendere, sono tutte libere, dicono quelli il cui ricovero è urgente, causa evidenti segnali d’imbecillità, malattia contagiosa, perniciosa per la salute pubblica.

Rino Girimonte

Nato calabrese nella penuria degli anni ’50, a Roma sono cresciuto, ho frequentato la scuola della strada, l’università di filosofia e delle lotte, piccole e grandi patrie mi abitano ” amo la libertà delle righe sussurrate, insurrette, in eterna guerra contro le frasi armate”.