Vaccini brevetti, Cuba e dintorni

Di Turi Comito

Sulla questione dei vaccini, non quella medica ma quella economica, qualche tempo fa scrissi un post nel quale discutevo criticamente della questione della proprietà intellettuale (i brevetti per capirci) e del fatto che, secondo me, la estrema potenza dei gruppi farmaceutici privati in questo settore sia se non dannosa quantomeno eccessiva. E questo era ancora peggio se si teneva conto del fatto che gli Stati finanziavano, e finanziano, a scatola pressoché chiusa le loro ricerche. E le finanziano poiché non è vero che i capitali dei privati sono bastanti.
Ho avuto una serie di commenti di invasati liberisti ai quali non ho neppure risposto per via della mia ormai definitiva scelta di non avere più a che fare, neppure virtualmente, con costoro che considero non avversari politici, ma una piaga dell’umanità. E, francamente, infettarmi con questa piaga – anche solo a parlarci qui – proprio non mi va. Comunque, il tenore dei loro interventi era più o meno questo: meno male che ci sono questi giganti che fanno ricerche perché, altrimenti, se aspettassimo gli Stati, a quest’ora saremmo tutti defunti. Una posizione questa che dà l’idea di come l’infezione più pericolosa per gli esseri umani non sia il covid o l’ebola, ma l’ignoranza e l’arroganza che, assieme, diventano stupidità micidiale.
Ora, per chi è interessato, c’è un interessante articolo di qualche settimana fa, che allego, de “la voce”, non proprio un giornale al soldo della Terza Internazionale, che parla, guardacaso, dei rischi insiti in questo stato di cose in cui una decina di giganti farmaceutici gestiscono la salute più o meno del pianeta (https://www.lavoce.info/archives/70656/nella-ricerca-del-vaccino-attenti-al-brevetto/)
Ma soprattutto c’è la questione cubana a smentire, coi dati e non colle teorie, la stupida e pericolosa idea che senza queste multinazionali saremmo tutti crepati al primo raffreddore e che uno Stato non possa assumersi direttamente e pubblicamente il carico della ricerca scientifica medica (e non solo) producendo non solo prodotti curativi di ottima qualità ma addirittura brevetti con licenza pubblica.
Ormai sono settimane che vari giornali parlano di Fabrizio Chiodo, questo giovane professore che partecipa al programma cubano sulla produzione di vaccini anti sars-cov-2. Ma non pare che questo basti per innescare un dibattito serio su quegli stessi giornali e men che meno nei rotocalchi gossippari sotto le mentite spoglie di programmi di approfondimento che vanno per la maggiore in TV.
Eppure di materia sulla quale riflettere ce n’è assai. A partire dal fatto che Cuba è un caso unico non perché realizzato da geni ma semplicemente perché l’attenzione del governo cubano per la medicina e la sua impostazione ideologica in fatto di bene e di beni comuni (tra i quali la salute) è totalmente diversa dall’attenzione e dalla impostazione ideologica prevalente nel mondo occidentale.
Io credo che non ci sia bisogno di diventare castristi per cambiare le cose. Si può essere anche liberali ideologicamente (quindi non liberisti) ma avere l’onestà intellettuale e umana per dire che certe cose, le più importanti almeno (la salute, la ricerca scientifica, le infrastrutture di base, l’educazione), darle in affidamento esclusivo a chi ha un solo interesse (il profitto) è non un atto di libertà coerente con l’ideologia capitalista. É piuttosto produrre merda ideologica buona da dare in pasto alle mosche in cui stanno trasformandosi gli esseri umani. Quelli occidentali almeno.

Qui l’intervista di RaiTre Sicilia al ricercatore italiano che lavora a Cuba. Ascoltatela, se l’avete persa, perché dà l’idea di come si possa fare ricerca senza necessariamente essere al servizio di un amministratore delegato che deve distribuire dividendi agli azionisti a fine anno economico.

Intervista

 

Funzionario direttivo presso Regione Siciliana. Dipartimento di Bruxelles e degli Affari Extraregionali.
Regione Siciliana
Palermo, Italia