Di Ennio Remondino
Come promesso, il presidente uscente, Donald Trump, che ancora non ha riconosciuto la sconfitta elettorale, va alla battaglia legale per il riconteggio dei voti. Il suo team legale ha avviato una denuncia in Pennsylvania, per evitare la dichiarazione ufficiale della vittoria di Biden. E il procuratore generale degli Stati Uniti, il ministro delle giustizia Bill Barr, Barr dà l’ok alle indagini su presunti e generici «brogli elettorali», ma il procuratore Pilger si dimette per protesta: «Cancellati 40 anni di politiche di non interferenza»
O ingenuo o faccia come la parte con cui si siede
Bill Barr, ministro della giustizia col titolo americano di ‘Procuratore generale degli Stati Uniti’, da sempre collaudato difensore del presidente, con assoluta faccia tosta spiega che la sua mossa non significa che il ministero abbia in mano prove a sostegno della tesi della Casa Bianca, ma ha liberato i pubblici ministeri dalle restrizioni su indagini di questo tipo. Insomma, una accusa basata sul ‘si dice’ ma il ministro ordina l’inchiesta giudiziaria alla magistratura fuori da ogni regola.
Un favore fuori legge
Come più volte minacciato, Donald Trump va alla battaglia legale per il riconteggio dei voti dove può e spera. Il suo team legale ha avviato una denuncia in Pennsylvania, sostenendo che Filadelfia e Pittsburgh sono state inondate dai brogli: gli avvocati hanno chiesto un’ingiunzione di emergenza per impedire ai funzionari statali di certificare la vittoria di Biden nello Stato.
Procedura assolutamente illegittima
Il ministro che dice ai magistrati su cosa indagare. Da brivido. Una forzatura che ha avuto come immediata ripercussione, le dimissioni di Richard Pilger, alto funzionario del Dipartimento di giustizia responsabile proprio delle indagini sui brogli elettorali. Pilger contesta a Barr di esser venuto meno alla «linea politica di non interferenza» segnata da quarant’anni nelle indagini sulle frodi elettorali.
Trumpisti d’assalto e irriducibili
Le indagini sui brogli sono normalmente di competenza dei singoli Stati, che stabiliscono e controllano le proprie regole elettorali. La politica del Dipartimento di Giustizia è stata finora quella di evitare qualsiasi coinvolgimento federale fino a quando i conteggi dei voti non siano certificati e i riconteggi completati.
Ma Barr e soprattutto Trump hanno fretta
Barr prova a giustificarsi e si scopre: «trattandosi di pratiche che non sono mai veloci, se trovano qualcosa che potrebbe invertire i risultati delle elezioni, devono aprire un’indagine». Di fatto, in tal modo, Barr ha messo i procuratori federali al servizio della strategia di Trump ed il timore adesso è che anche il Dipartimento di Giustizia, oltre il Pentagono, col ministro della Difesa licenziato, finisca coinvolto nella battaglia elettorale.
Presidente del senato bis Corte sprema
Al centro della ennesima forzatura politico istituzionale, rispunta il non limpido leader della maggioranza repubblicana in Senato, Mitch McConnell. Quello che aveva bocciato la nomina di un nuovo giudice alla Corte suprema ad Obama a sei mesi dalle elezioni, per concederla invece a Trump a poche settimane dal voto. E’ Mitch McConnell che avrebbe convinto Burr a dare il placet alle contestazioni legali che rischiano ora di diventare infinite.
Contestazioni elettorali statali
Ma chi denuncia brogli deve portare prove delle accuse, e in qualche assaggio, dove c’hanno già provato, non è finita bene per i denunciati, ‘nessun broglio o errore’, le sentenze sino ad oggi. La battaglia giudiziaria di Trump, a rischio di caos istituzionale, fa paura anche fra i politici repubblicani che ora, rinnovato lo scontro, temono di perdere anche la maggioranza in senato che si gioca proprio in Pensylvania, tacciata di disonestà politico elettorale.
Tre senatori repubblicani si congratulano con Biden
Finora sono tre i senatori repubblicani che si sono ufficialmente schierati con Biden: dopo Mitt Romney e Lisa Murkowski, lunedì è stata la volta di Susan Collins che ha rotto gli indugi e ha fatto le «congratulazioni al presidente eletto. I repubblicani ‘ufficiali’ per ora non contestano le accuse di Trump su elezioni rubate, e il solito Mitch McConnell, dichiara, «Trump ha il pieno diritto di accusare di irregolarità e valutare le sue opzioni legali». Che, se leggi bene, è un avallo all’azione legale ma non alle ragioni di Trump.
Trump con grossi problemi tra i media
La battaglia di Trump trova più ostacoli nei media, annota La Stampa. «Fox News ha oscurato la portavoce della Casa Bianca, Kayleigh McEnany, mentre teneva una conferenza stampa in cui accusava i democratici di ‘frodi e voti illegali’»: D’imperio, il conduttore Neil Cavuto ha interrotto la messa in onda: «A meno che lei non abbia maggiori dettagli a sostegno di quello che dice, non posso continuare a mostrare la conferenza stampa» ha detto, ricordando che «accusare l’altra parte di truccare e barare senza prove è gravemente scorretto».
Tifoseria conservatrice ma non suicida
«Fox News è sempre stata molto vicina a Trump durante i quattro anni della sua amministrazione, ma di fronte alla vittoria di Joe Biden, insieme agli altri media conservatori di proprietà di Rupert Murdoch, sembra essersi riposizionata e nei giorni scorsi ha invitato il magnate a comportarsi con ‘compostezza’». Una linea già adottata venerdì scorso anche da altre emittenti televisive statunitensi, Msnbc, Nbc News e Abc News: mentre il presidente Trump parlava in diretta tv alla nazione, accusando i democratici di avergli rubato le elezioni, hanno interrotto la diretta.
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