RITIRO FANTASMA DALLA SIRIA, GLI USA MANDANO ALTRI SOLDATI ANTI RUSSIA

DI ENNIO REMONDINO

 

La ritirata nel 2019, il via libera all’invasione turca oggi sotto accusa dell’Onu per crimini di guerra. Adesso, contrordine dopo lo scontro, in mezzo al deserto, tra un blindato russo e uno statunitense. Le accuse Onu alla Turchia nel Rojava curdo.

 ‘Rinforzi’ più simbolo che sostanza

Un centinaio di soldati statunitensi e sei veicoli blindati nel nord della Siria, rinforzo del contingente presente. Il capitano della marina americana Bill Urban ha detto alla Bbc che, accanto ai veicoli da combattimento in arrivo dal Kuwait, gli Stati Uniti avrebbero schierato anche un «radar Sentinel” e aumentato la frequenza delle pattuglie di caccia statunitensi». Tutto perché, a fine agosto due veicoli militari, uno russo e l’altro americano, si sono scontrati nel nord della Siria, e sette soldati Usa sono rimasti feriti. Una ‘scemenza’ a nascondere cosa?

Chi ha colpito chi

Scambio vicendevole di accuse su chi aveva colpito nel bel mezzo del deserto. Mosca aveva dato comunicazione all’esercito Usa di sue pattuglie nella zona, la versione russa. Quell’area è  «zona di sicurezza» in cui i russi non devono entrare, la versione statunitense. L’occasione giusta per chi ha voglia o convenienza a litigare, su un episodio che, a quanto noto, appare decisamente marginale. Quindi, probabili ragioni militari segrete o politiche ben nascoste.

Chi ha voglia di litigare

Comunque, fine delle bugie (le più evidenti) su una guerra mai finita, sottolinea Chiara Cruciati sul Manifesto. Quella di Siria e la presenza statunitense in quel Paese, contro il padrone di casa ma sempre in bilico tra i suoi troppi nemici in campo. Certamente una presenza avversa ad Assad. Gli americani dal nord della Siria non si sono mai ritirati. «Undici mesi fa, nell’ottobre 2019, l’annuncio del presidente Trump di ritirare le truppe Usa dava un occulto via libera alla Turchia del presidente Erdogan per invadere il nord della Siria, il Rojava a maggioranza curda».

Fronte curdo al nemico storico

Gli americani che lasciavano gli alleati curdi vincenti contro l’Isis, preda della galassia turco-diretta di milizie islamiste e jihadiste. E appena una settimana dopo l’invasione turca, Trump senza vergogna annunciava l’intenzione di non ritirarsi più: «Un piccolo numero di soldati rimarrà al confine centro-orientale con Giordania a protezione del petrolio». ‘Piccolo numero’ si fa per dire. Il Pentagono parlava di una ‘redistribuzione’ di una parte dei 2mila marines all’epoca presenti nel Rojava.

‘Nessuna data di fine ritiro’

A fine novembre 2019, il generale McKenzie del Commando centrale Usa: «Non ho una data di fine per il ritiro», aveva detto, aggiungendo che almeno 500 marines che sarebbero rimasti al fianco delle unità di difesa curda in chiave anti-Isis. Bugia dopo bugia, e proclami che si succedono a contraddire quelli precedenti, i soldati americani sono sempre rimasti solidamente in Siria. «E non i 400 o 500 dichiarati da McKenzie, ma sarebbero almeno mille secondo quanto dichiarato successivamente dal Pentagono».

Non ancora ‘missione compiuta’

Ora aumentano di nuovo. Perché la missione non è ‘accomplished’, compiuta. «C’è ancora il grande punto interrogativo di Idlib, tuttora in mano ai jihadisti filo-turchi, ma soprattutto non c’è pace all’orizzonte né un effettivo avvio della ricostruzione, enorme business su cui si stanno lanciando tutti, dai russi (ovviamente) a cui il presidente Assad ha garantito la parte del leone ai paesi del Golfo, agli alleati Usa».

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