INVISIBILE NON SIGNIFICA INESISTENTE

Di Paolo Varese

Il Covid ha portato la paura nella vita di molte persone, in tutto il mondo, e questo ormai è un dato di fatto. Si legge continuamente di alterchi nati dal mancato rispetto dell’obbligo di indossare le mascherine di protezione, specialmente all’interno di attività commerciali, così come si vedono sempre più spesso video amatoriali girati all’interno di mezzi di trasporto pubblici, con passeggeri obbligati a scendere dagli altri occupanti. Però, a quanto sembra, se alcune persone temono il contagio, e pur di evitarlo rispettano tutte le indicazioni e le regole, ci sono altri che invece non negano l’esistenza del virus, ma vivono la situazione attuale come una costrizione inutile, come una schiavitù. E tutto perché alla fin fine, questo virus non si vede. Si porta via le persone, ma non si fa in tempo a vederle consumate dalla malattia. Si mettono le persone in terapia intensiva ma non le vediamo sotto quelle tende, con quei tubi nei polmoni, non sentiamo la loro voce flebile, il loro respiro flebile. Questo virus si approfitta della sua invisibilità, del suo non essere visto, e così si riproduce, si diffonde. Quando c’era il vaiolo, quando restavano sul viso quei segni, allora la gente aveva paura. Paura di restare marchiata, sfigurata. Ma questo covid non lascia segni evidenti, tranne per chi sopravvive. Non fa effetto sapere che non si sentono più i sapori e gli odori, mentre farebbe effetto se la pelle si riempisse di foruncoli, pedicelli. Non fa effetto leggere che un ragazzo ha perso l’uso delle gambe perché il virus ha attaccato il sistema nervoso, mentre se la pelle si colorasse di giallo allora si, che farebbe effetto. Ma evidentemente questo virus è congeniale alla società attuale, all’epoca che stiamo vivendo, il tempo dell’apparenza che ha sostituito il tempo dell’essere, e se è vero che ha valore solamente ciò che si vede, è ancor più vero che non conta cià che è invisibile. Eppure, non troppi anni fa, ancora risuonava forte nei cuori e nei sogni la frase tratta da “Il piccolo principe”, ossia che l’essenziale è invisibile agli occhi, e la morte senza dubbio è, nel senso letterale del termine, essenziale, non accessoria. È qualcosa che permea le nostre vite fin dalla nascita, così come i sogni, il timore di una malattia invalidante, le tasse. Ed allora forse sta mancando questo, bisognerebbe fare come con i pacchetti di sigarette, su cui sono mostrate le conseguenze del fumo, ciò che causa ai corpi delle persone. Bisognerebbe mostrare cosa accade a chi è colpito dal virus, mostrare i corpi e non solo le bare, mostrare le immagini dei reparti di terapia intensiva, con questi filari di tende a coprire la luce, con le ombre all’interno che provano a respirare. Bisogna far comprendere alla gente che invisibile non significa inesistente, che ciò che non si vede può essere letale. Bisognerebbe comprendere che la schiavitù non è quella fisica, non è indossare una mascherina, che la vera schiavitù è quella psicologica, quando poi si è costretti a convivere con la consapevolezza che si poteva fare qualcosa di più per non avere una persona cara in meno.

#PaoloVarese

nato a Roma nel 1968, segno zodiacale leone. Vive e lavora nella Capitale da sempre, appassionato di cinema, letteratura, arti visive. Rifugge il gossip e i programmi contenitore, preferendo la natura.