BOLIVIA AL VOTO DOPO MORALES: DESTRA, SINISTRA E PARTITA DI POPOLI

Di Ennio Remondino

Vigilia elettorale incerta. Si vota per schiacciare il golpe al primo turno Con Evo Morales fuori gioco, domani sarà Luis Arce a sfidare le destre per presidenza e rinnovo del Congresso. Alto il rischio di brogli. Minacciato lo Stato Plurinazionale, istituito da Evo Morales a tutela dei diritti degli indios (lui stesso, di etnia Aymara), e dei 40 gruppi indigeni che compongono la metà della popolazione, più volte calpestati prima della elezione di ‘El Cholo’ alla presidenza.

Quel dannato 20 ottobre 2019

Bolivia, forse non sapremo mai cosa accadde realmente quel 20 ottobre 2019, quando lo spoglio delle schede alla fine del primo turno di votazioni che opponeva il presidente uscente Evo Morales a Carlos Mesa, leader dell’opposizione di sestra, venne bruscamente interrotto. Alla ripresa del conteggio Morales risultò vincente per il 47% dei voti contro il 37% di Mesa. Uno scarto che negava il secondo turno al suo principale oppositore. La contestazione iniziò il giorno dopo, propagandosi lungo tutto il paese, con picchi di violenza estrema tra Cochabamba e Santa Cruz, dove l’opposizione al Mas, il Movimento per il Socialismo, il partito di Morales, era più forte. Nel frattempo, il governo aveva già convocato una delegazione dell’Organizzazione degli Stati Americani con il compito di verificare se ci fossero state frodi elettorali. Poi, gli eventi precipitarono.

L’Organizzazione degli Stati Americani e Washington

Dopo che gli scontri tra opposte fazioni causarono le prime vittime, la delegazione di Washington sentenziò che «gli ufficiali preposti allo spoglio avevano manipolato deliberatamente i risultati del turno preliminare, alterando gli stessi in senso partigiano e favorendo di conseguenza la vittoria di Morales». In realtà, Oas non esibì alcuna prova, e una successiva inchiesta del quotidiano inglese The Guardian concluse che ci fu solo “una pausa nella conta veloce dei voti, ai fini di consentire un controllo quando già era stato esaminato l’84% delle schede, e Morales conduceva per quasi 8 punti in percentuale. Alla ripresa, arrivati al 95% dello spoglio, aveva raggiunto il 10% di vantaggio; ciò gli consentiva la vittoria al primo turno”.

l’ex presidente della Bolivia Evo Morales

E l’esercito caccia Morales

Dopo le conclusioni Oas, Morales ordinò lo scioglimento del comitato elettorale e la ripetizione del primo turno, evitando la repressione violenta dei disordini. La polizia, spinta da destra, si ammutina e l’esercito  imponendo le dimissioni a Morales. Il governo ad interim presieduto dalla autonominata Jeanine Áñez (anche lei con Bolsonaro ha applaudito l’uccisione del Che Guevara, decorando un militari che lo colpirono), proibisce a Morales di candidarsi alle prossime elezioni, e lui parte per l’esilio in Messico. Nel Parlamento i rappresentanti indigeni vengono estromessi, decretando de facto la fine dello Stato Plurinazionale, istituito da Evo Morales a tutela dei diritti degli indios (lui stesso, di etnia Aymara), i 40 gruppi indigeni che compongono la metà della popolazione, più volte calpestati prima della sua ascesa al potere.

Ma l’indigeno Aymara Evo Morale, detto El Cholo, era al quarto mandato di governo e la sua candidatura era stata una forzatura delle Costituzione. Contestazione istituzionale con prevalenti ragioni politico economiche interne e internazionali evidenti da subito.

Torna la supremazia bianca ma ora si rivota

L’attualità raccontata da Claudia Fanti. «Il vantaggio attribuito dall’ultimo sondaggio al candidato del Movimiento al Socialismo Luis Arce, col candidato alla vicepresidenza, l’aymara David Choquehuanca, rispetto al suo principale avversario Carlos Mesa (42,2% contro 33,1%), non è ancora tale da assicurargli la vittoria al primo turno (è richiesto più del 40% dei voti, con un vantaggio di almeno 10 punti sul secondo)». Ma manca la valutazione del voto all’estero (4% dell’elettorato) e il voto rurale disperso. «Cosicché una vittoria al primo turno dell’ex ministro dell’economia di Morales sembrerebbe  altamente probabile, e con percentuali non molto diverse rispetto alle elezioni del 20 ottobre del 2019, quando l’allora presidente riportò il 47,08% delle preferenze, contro il 36,51% di Mesa». Ciò che accadde allora lo avete letto prima. Il timore è che qualcosa di sporco possa ripetersi, pur di arrivare ad un secondo turno in le rivalità tra i candidati di destra verrebbero superate.

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EnnioRemondino

Ennio Remondino, nato a Genova 1 novembre 1945.
Giornalista, corrispondente estero, inviato di guerra Remocontro.it la virtù del dubbio, spazio giornalistico aperto.
Libri:
Da Belgrado in diretta telefonica (coautore) con Rosanna Cancellieri, Manni Editori, 1999
La televisione va alla guerra, Sperling & Kupfer, 2002
Tutti sporchi comunisti?, Sperling & Kupfer, maggio 2003
Senza regole. Gli imperi televisivi all’assalto dell’Europa, Editori Riuniti, 2004. Niente di vero sul fronte occidentale. Da Omero a Bush, la verità sulle bugie di guerra, Rubbettino Editore, 2009