Stanco a volte mi sento,
esausto a volte,
cunicoli profondi e gallerie
le rughe sul viso e nell’anima
e la strada è lunga ancora
ed erta e di rocce appuntite
cosparsa.
Ma ci sei tu
amore mio
che mi prendi per mano
quando invischiato
nella placenta appiccicosa
della terra ad alzarmi fatico
e di lavanda il tuo sussurro profumato
e l’indice puntato al cielo
di colpo dal fango mi strappano.
Ma ci sei tu
amore mio
se oltre il volo delle allodole
oso librarmi,
quando sbattuto da venti improvvisi
arrotoli lieve il filo al naspo
del mio aquilone improbabile
prima che al suolo si fracassino
le mie ali di carta
fra gli spini e le ortiche.
Ci sei tu
con dolce tubare di tortora
quando gli incubi notturni
trasformi nelle tremolanti luci
del nuovo giorno.
E’ il tuo gorgheggio
di usignolo notturno
che mi adagia
nelle coltri dei sogni.
sarai tu mio amore
a farmi imboccare l’ultimo
mio viottolo ciottoloso,
ripido e scosceso
e con oscuri baratri ai lati,
ma luce accecante
fibrilla all’arrivo.
E voglio precederti nel viaggio,
con il congedo dalle tue labbra di miele
voglio precederti e da là,
guerriero stanco
il gomito appoggiato al ginocchio
ed il mento sul palmo
guardare la saggezza nei capelli canuti
dei nostri figli,
la sregolatezza della gioventù
e la frenesia
dei figli dei nostri figli
e dipingerò con i colori dell’arcobaleno
o di marmi rosa lastricherò
la scalinata larga e dolce,
di petali di peonia cospargerò
per i tuoi minuscoli piedi nudi
i gradini che ti condurranno a me.