OPEN. RENZI CONTRATTACCA: I GIUDICI NON SANNO COME SI FA UN PARTITO

DI MARINA POMANTE

 

E’ lo stesso Matteo Renzi, il leader di Italia Viva che “reagisce in difesa” affidando il suo commento a Twitter: “Noi abbiamo seguito le regole delle Fondazioni. I due giudici fiorentini dicono che open era un partito. Chi decide come si fonda un partito? La politica o la magistratura? Colpisce il silenzio di commentatori sul punto decisivo per la democrazia di un paese. Tutti zitti?”.

Poi scrive un secondo tweet sull’argomento e dice: “Entrate e Uscite di #Open sono tutte tracciate. Trasparenza al massimo. Magari le altre fondazioni fossero state trasparenti come Open”

Gli fa da sponda il capogruppo in Senato di Italia Viva, Davide Faraone: “Fin dalla prima Leopolda, dieci anni fa, ricordo le illazioni: ‘Chi c’è dietro Renzi?’, ‘Chi li finanzia?’, ‘I poteri occulti?’. Non era concepibile che quattro ragazzi di provincia tentassero la scalata alla politica italiana, doveva per forza esserci qualcosa sotto. Allora, nonostante la legge non lo imponesse, furono chiamati tutti coloro che avevano versato un contributo alla fondazione e gli fu chiesto se avessero problemi a rendere pubblico il finanziamento. La gran parte aderì e tutto fu pubblicato sul sito. Le spese di ‘Open’ sono tutte tracciate. ‘Open’ è stata la fondazione più trasparente nella storia della politica italiana”.

Sulla vicenda i cronisti hanno provato a sentire il parere di Matteo Salvini (che di contestazioni ne ha avute non poche con la faccenda dei 49 milioni di euro…). L’ex vicepremier tuttavia glissa sull’argomento spiegando che non giudica cose che non conosce, “non posso né condannare nè assolvere. Non è il mio lavoro” precisa il leader del Carroccio, prendendo le distanze da qualsiasi posizione.

“La fondazione Open ha agito come articolazione di partito politico”, così è spiegato nel provvedimento. A dimostrazione di questo vengono elencate le iniziative relative alle “primarie” dell’anno 2012, quelle per il “comitato per Matteo Renzi segretario”, e inoltre le ricevute di versamento da “parlamentari”.
In relazione al “sostegno” dei parlamentari viene evidenziato come “Open abbia rimborsato loro le spese ed abbia messo a loro disposizione carte di credito e bancomat”.
Un tesoretto alimentato dai versamenti di privati. Il denaro, in certi casi era versato a Bianchi per consulenze o per pratiche legali, ma poi veniva «retrocesso» dall’avvocato.
Secondo la tesi dell’accusa è in questo modo che si mascheravano finanziamenti illeciti.

I pm affermano che i versamenti celavano il sostengo all’attività politica dell’ex premier.
Open era una fondazione gestita dall’avvocato Alberto Bianchi ed era un vero “bancomat” utilizzato da Matteo Renzi per la propria attività politica.
Per tale ragione “bisogna accertare quali siano stati nel dettaglio i rapporti instauratisi tra la stessa Open e i soggetti finanziatori”. È in questo assunto, contenuto nel decreto di perquisizione attuato ieri dalle Fiamme Gialle, che si riassume il motivo dell’indagine della procura di Firenze.
La procura vuole verificare come sia stato impiegato il denaro che aziende e imprenditori hanno versato alla fondazione negli anni dal 2012 al 2018.

C’è evidentemente da chiarire se quei soldi non fossero in realtà dei finanziamenti illeciti.

Nei mesi scorsi, i pm sotto la guida di Giuseppe Creazzo hanno acquisito i documenti relativi ai bonifici nello studio di Bianchi. Operando inoltre controlli incrociati allo scopo di verificare le “uscite” delle aziende.

Una lista di finanziatori eccellenti, quella dei sostenitori della fondazione, tra i perquisiti figura Davide Serra, imprenditore amico di Renzi, poi c’è la multinazionale del farmaco Menarini della famiglia Aleotti. Tra i “sostenitori” ci sono anche le società dell’armatore napoletano, Onorato, oltre a quelle che fanno capo all’imprenditore napoletano, Alfredo Romeo. Quest’ultimo già coinvolto nell’inchiesta Consip.
Le perquisizioni hanno interessato pure la sede dell’impresa di costruzioni di Parma Pizzarotti, e quella della holding del gruppo Gavio, (secondo concessionario italiano delle autostrade). C’è poi la Garofalo Health Care, società del settore della sanità privata. Poi la Getra di Napoli, azienda produttrice di trasformatori elettrici, e la British American Tobacco.

Dall’inchiesta emerge che nei sei anni dal 2012 al 2018 sono stati elargiti quasi sette milioni di euro.
Ora sotto la lente degli inquirenti c’è la ricerca della possibilità che parte di questi versamenti fossero la contropartita in cambio di “favori”, come già contestato nelle scorse settimane al gruppo Toto.

Sull’avvocato Bianchi grava quindi il sospetto che fosse stato il tramite tra politica e imprenditori, in particolare con il “giglio magico”, anche perchè la fondazione nata nel 2012, venne chiusa nel 2018, due anni dopo che Renzi si è dimesso dalla carica di premier