Joe Biden tra Russia e Cina

Di Michele Marsonet

 

Negli Stati Uniti tutti sanno che Joe Biden è un irrefrenabile gaffeur. Le sue topiche pubbliche furono notate soprattutto nel periodo in cui ricopriva l’incarico di vice di Barack Obama, ma ne ha collezionato una quantità notevole anche in precedenza, quando era un semplice senatore, e dopo, durante la presidenza di Donald Trump.

Nessuno però si attendeva che arrivasse al punto di concordare con un giornalista che ha definito killer (assassino) Vladimir Putin. Qualunque sia l’opinione che ciascuno ha di lui, è evidente che un presidente Usa non può esprimere in pubblico giudizi simili, soprattutto se hanno quale oggetto il leader di una delle maggiori potenze mondiali.

Il capo del Cremlino gli ha risposto da par suo, con beffarda ironia, augurandogli “buona salute”. Alludeva evidentemente al fatto che il neopresidente Usa ha ormai compiuto 78 anni. Un’età che oggi si raggiunge facilmente e che di solito non pone particolari problemi.

E’ in grado però di causare difficoltà, e anche serie, a una persona che deve governare la prima potenza globale, sottoponendosi a ritmi di lavoro massacranti e a viaggi continui. Infatti, manco a farlo apposta, due giorni orsono Biden è scivolato per ben tre volte sulla scaletta dell’aereo presidenziale Air Force One.

Per sua fortuna non ci sono state conseguenze. E’ ovvio, tuttavia, che l’attuale presidente non è Barack Obama che saliva la stessa scaletta con passo agile e scattante, percorrendo addirittura i gradini a due per volta. Obama aveva ben altra età, e Biden dovrebbe rammentare di appoggiarsi al passamano per evitare guai.

E’ naturale, comunque, che nell’occasione tutti abbiano visto il sorriso perfido di Putin all’opera, e i quotidiani Usa hanno pubblicato una vignetta nella quale un Biden scosso e gambe all’aria grida: “Vladimir, scherzavo!”.

Tuttavia, al di là degli aspetti divertenti, la vicenda indica che l’attuale amministrazione americana è affetta da un notevole strabismo geopolitico. Il presidente e, a quanto pare, gran parte dell’establishment militare degli Stati Uniti, continua a considerare la Federazione Russa come principale nemico. Sembra insomma fermo ai tempi della vecchia Guerra Fredda, quando la defunta Unione Sovietica competeva con gli Stati Uniti per la supremazia militare e ideologica mondiale.

Difficile però paragonare la ex Urss all’attuale Federazione Russa, che è ancora una forte potenza sul piano militare, ma un Paese sostanzialmente debole dal punto di vista economico. E’ stato infatti sufficiente il crollo del prezzo del petrolio a causarle notevoli problemi.

Dunque Biden e i suoi generali dovrebbero, se vogliono conservare una supremazia globale sempre più incerta, smettere di puntare Mosca per volgere gli occhi verso Pechino. E’ Xi Jinping, infatti, il rivale vero e pericoloso. Putin sta solo cercando di conservare almeno una parte dell’influenza che aveva la ex Urss, ed è cosciente della difficoltà del compito che si è autoimposto.

Xi è invece in piena ascesa. Ha “normalizzato” Hong Kong decretando che solo i “patrioti” (vale a dire i membri del Partito comunista) possono essere eletti nel Parlamento della ex colonia britannica. Continua a reprimere duramente tibetani e uiguri musulmani del Xinjiang.

Ignora le proteste occidentali né si cura del problema dei “diritti umani” sul quale Biden punta moltissimo, al pari di Obama e dell’ex Segretario di Stato Hillary Clinton. Non solo. Il leader cinese, che gode ormai nel suo Paese di un potere incontrastato, sta pure premendo l’acceleratore su Taiwan. Vuole insomma realizzare il vecchio sogno di Mao e ricondurre l’isola, ora indipendente, entro i confini della Repubblica Popolare.

Questi sono i problemi seri che Biden dovrà affrontare in tempi stretti. La sfida vera arriva da Pechino, non da Mosca. Tenendo anche conto del fatto che gli alleati europei e asiatici degli Usa non paiono molto disposti a porsi in rotta di collisione con la Cina, temendo inevitabili ripercussioni dal punto di vista economico e commerciale.

Se il presidente americano lo capisce avrà qualche possibilità di arrestare il declino Usa e di salvaguardare le alleanze tradizionali. In caso contrario è destinato a ruzzolare molte altre volte sulla scaletta del suo aereo.

 

Michele Marsonet

Si è laureato in Filosofia presso l’Università di Genova, e in seguito all’Università di Pittsburgh (U.S.A.).
– Dopo la laurea ha svolto periodi di ricerca in qualità di “Visiting Scholar” presso le Università di Oxford e Manchester (U.K.), e di New York (U.S.A.).
– È attualmente Professore Ordinario di Filosofia della scienza e di Filosofia delle scienze umane nel Dipartimento di Filosofia dell’Università di Genova.
– È stato Direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Genova.
– È stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova.
– È stato Prorettore all’Internazionalizzazione dell’Università di Genova.
– È Fellow del New College dell’Università di Oxford (U.K.), e del Center for Philosophy of Science dell’Università di Pittsburgh (U.S.A.).
– È stato Visiting Professor presso molti Atenei stranieri tra cui: City University of New York, Pittsburgh e Catholic University of America (U.S.A.), Melbourne (Australia), Oxford, Londra, Bergen (Norvegia), Siviglia e Malaga (Spagna).
– È autore di 26 volumi e curatele, di cui 4 in lingua inglese pubblicati in Stati Uniti e Gran Bretagna, e di circa 300 articoli, saggi e recensioni in italiano, inglese e francese su riviste italiane e straniere.
– È giornalista pubblicista.