Disastro pandemico in India

Di Michele Marsonet

 

Com’era prevedibile, nella Federazione Indiana la pandemia ha avuto conseguenze davvero tragiche poiché è difficile prevenire gli assembramenti tra la sterminata popolazione, che ammonta a 1,3 miliardi di persone (il 17% di quella mondiale).
A ciò si aggiunge la politica “minimalista” del premier ultranazionalista Narendra Modi che non ha incoraggiato – al pari di Bolsonaro in Brasile – l’uso delle mascherine protettive, dichiarate inutili per un lungo periodo di tempo.
D’altro canto il sistema sanitario nazionale, già in difficoltà in tempi normali, è ben presto crollato sotto il peso dei contagi a dispetto delle dichiarazioni ottimistiche dello stesso Modi. L’India è ora al secondo posto nella classifica mondiale del Covid 19, e si teme che possa in tempi brevi raggiungere il primo. Rammentando che vasti strati della popolazione vivono in condizioni di estrema povertà, senza risorsa alcuna per curarsi, il quadro è completo.
Ora si apprende che negli ospedali manca l’ossigeno, il che impedisce di curare gli infettati gravi essendo i reparti di terapia intensiva ben oltre i limiti della loro capienza. Si assiste quindi, in molte città della Federazione, a scene d’altri tempi.
I cadaveri vengono accatastati nelle strade e poi bruciati collettivamente su enormi pire funerarie. A New Delhi i parenti, per conservare una sia pur minima traccia dei loro cari, allestiscono per proprio conto strutture per organizzare sepolture e cremazioni di massa, così da poter capire, almeno, il luogo in cui giacciono i resti dei loro defunti.
L’India è ora la nazione con il maggior numero di infezioni giornaliere, mentre gli appelli del governo ad evitare gli assembramenti e a mantenere le distanze di sicurezza cadono nel vuoto.
Non si riesce nemmeno a impedire le tradizionali abluzioni dei fedeli indù nelle acque del Gange, notoriamente uno dei fiumi più inquinati del mondo. Proseguono anche raduni religiosi in cui i fedeli conducono battaglie a colpi di sterco di vacca.
A tale situazione ha indubbiamente contribuito l’inossidabile ottimismo di Modi e degli esponenti del suo governo che, lo scorso gennaio, affermavano di aver contenuto con successo la pandemia. In marzo il ministro della Salute sosteneva che, nel Paese, la pandemia era alle battute finali.
Nel frattempo Modi ha continuato ad apparire spesso in pubblico senza la maschera protettiva sul viso, e ha poi fatto riaprire in anticipo gli stadi di cricket e i cinema dove si proiettano le pellicole di Bollywood, amatissime dagli indiani.
Nelle ultime ore il premier ha ammesso che il Paese è in piena tempesta, ma ha comunque rifiutato di proclamare il lockdown nazionale scaricando la responsabilità sui governatori dei singoli Stati. Il suo populismo nazionalista non è stato insomma intaccato da quello che molti definiscono “tsunami pandemico”.
Prima dello scoppio della pandemia la popolarità di Narendra Modi era alle stelle, e gli ultimi sondaggi davano il suo partito, il Bharatiya Janata Party, addirittura al 78% dei consensi.
E’ lecito pensare che, a questo punto, di tale popolarità resterà ben poco. Anche se pesa l’incognita della mancanza di alternative. I laici del Partito del Congresso, principale formazione politica dell’opposizione, sono molto divisi e manifestano una crisi di leadership.

Michele Marsonet

Si è laureato in Filosofia presso l’Università di Genova, e in seguito all’Università di Pittsburgh (U.S.A.).
– Dopo la laurea ha svolto periodi di ricerca in qualità di “Visiting Scholar” presso le Università di Oxford e Manchester (U.K.), e di New York (U.S.A.).
– È attualmente Professore Ordinario di Filosofia della scienza e di Filosofia delle scienze umane nel Dipartimento di Filosofia dell’Università di Genova.
– È stato Direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Genova.
– È stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova.
– È stato Prorettore all’Internazionalizzazione dell’Università di Genova.
– È Fellow del New College dell’Università di Oxford (U.K.), e del Center for Philosophy of Science dell’Università di Pittsburgh (U.S.A.).
– È stato Visiting Professor presso molti Atenei stranieri tra cui: City University of New York, Pittsburgh e Catholic University of America (U.S.A.), Melbourne (Australia), Oxford, Londra, Bergen (Norvegia), Siviglia e Malaga (Spagna).
– È autore di 26 volumi e curatele, di cui 4 in lingua inglese pubblicati in Stati Uniti e Gran Bretagna, e di circa 300 articoli, saggi e recensioni in italiano, inglese e francese su riviste italiane e straniere.
– È giornalista pubblicista.