CHIESA 2.0: GLI ATTACCHI A FRANCESCO FRENANO IL NUOVO

DI MARINA POMANTE

Nelle segrete stanze del Vaticano si consumano congiure e intrighi da gruppi di porporati pronti a far cadere la prossima testa. Gli anni bui della Chiesa, quelli dell’inquisizione e delle crociate, non si sono esauriti ma solo trasformati scadendo in una guerra contro lo stesso Capo della Chiesa Cattolica…

L’ex nunzio in USA Carlo Maria Viganò ha chiesto le dimissioni di Papa Francesco sostenendo che non poteva non essere a conoscenza degli abusi sessuali del cardinale emerito di Washington Theodore McCarrick.

Il cardinale McCarrick, nel mese di luglio, è stato costretto a dimettersi dopo la pubblicazione dei risultati di una ricerca interna, dove veniva accusato di aver avuto relazioni sessuali con seminaristi maggiorenni e con sacerdoti.
Papa Francesco aveva scelto il silenzio non commentando l’attacco dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò.
Bergoglio durante il viaggio di ritorno dall’Irlanda, si è appellato alla “maturità professionale per trarre le conclusioni”, per un “documento che parla da sé”. Papa Francesco aveva inoltre invitato a leggere il dossier di 11 pagine divulgato dall’ex nunzio negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò.
Alla lettura attenta del testo, con l’esortazione ad un sezionamento dei vari fatti riportati, delle opinioni e delle interpretazioni, ma soprattutto delle omissioni.
L’ardita intenzione di Viganò di violare il giuramento di fedeltà al Papa oltre al segreto d’ufficio, è l’ulteriore colpo ai danni di Papa Francesco. Condotta in modo ben organizzato e maturata negli stessi ambienti che circa un anno fa tentarono una sorta d’impeachment dottrinale, subito dopo la pubblicazione di Papa Francesco di Amoris Laetitia.
L’ex diplomatico Vaticano, Carlo Maria Viganò è stato tra i firmatari della “Professione”, nella quale si afferma che il magistero di Papa Bergoglio diffonde il divorzio. Viganò è inoltre è ben collegato agli ambienti conservatori d’oltreoceano e in Vaticano. Nel documento si afferma anche che non siamo al cospetto dello sfogo di un uomo di chiesa stanco del marcio che ha visto intorno a lui, ma si tratta di un’operazione organizzata da tempo, nel tentativo di far dimettere il pontefice, lo dimostrano le sequenze degli eventi e il bombardamento mediatico internazionale che da anni sparge accuse e illazioni spesso servendosi di anonimi (col fine i rovesciare il risultato del Coclave 2013). Tutto ciò è riportato da testimonianze scritte nei vari blog da i giornalisti che hanno pubblicato il dossier di Viganò.
Jason Horowitz, il corrispondente del New York Times dall’Italia, ha ritenuto le accuse non fondate e smentite dai fatti.

Ipotizzando che quanto affermato da Viganò sia vero…
Il 22 novembre 2000 il frate domenicano Boniface Ramsey, scrive al nunzio apostolico negli Usa Gabriel Montalvo informandolo di aver sentito voci secondo le quali McCarrick aveva “condiviso il letto con seminaristi”. Il 21 novembre, un giorno prima, Giovanni Paolo II nominava McCarrick arcivescovo di Washington. Questa segnalazione viene annotata da Viganò e trasmessa dal nunzio alla Segreteria di Stato, guidata in quel momento dal cardinale Angelo Sodano, ma non ebbe alcun seguito. La prima denuncia che arriva in nunziatura e da qui in Vaticano è immediatamente successiva alla nomina a Washington. Resta la domanda del perchè se queste voci erano così diffuse e imbarazzanti su McCarrick, come mai non gli è stata preclusa la nomina di ausiliare di New York dal 1977, alla fine del pontificato di Paolo VI, quindi la nomina a vescovo di Metuchen dal 1981, all’inizio del pontificato di Giovanni Paolo II, nel 1986, con Papa Wojtyla, il trasferimento all’arcidiocesi di Newark e per finire la promozione a Washington (2000) e la creazione cardinalizia (2001).

Papa Wojtyla l’anno dopo la promozione a Washington, includeva McCarrick nel collegio cardinalizio. Viganò nel dossier scarica, senza nessuna prova certa, la “colpa” della nomina sul cardinale Sodano, spiegando che il Papa all’epoca era quasi incapace di intendere non più in grado di governare la Chiesa, perchè gravemente malato. Ma questo non è assolutamente vero perchè nel 2000 da fonti certe vaticane (lo stretto entourage wojtyliano), le nomine venivano controllate dal segretario particolare del Papa, Stanislaw Dziwisz, Giovanni Paolo II vivrà per altri cinque anni.
Furbamente sarà un nome che Viganò omette, nominerà il sostituto della Segreteria di Stato poi Prefetto dei vescovi Giovanni Battista Re, ma solo per scagionarlo. Quella prima segnalazione, senza denuncianti che se ne assumessero responsabilità in prima persona, forse non era ritenuta attendibile. O forse il potere che McCarrick aveva, anche finanziario, era stato in grado di aprire porte vaticane che dovevano rimanere chiuse. L’unico dubbio che potrebbe trovare accoglimento è sulla nomina a Washington, domande lecite sul perché nessuno ha ritenuto di indagare prima dell’elevazione cardinalizia dell’anno successivo… Perchè Sodano non ha trasmesso la denuncia al Papa? E perché il nunzio, che denunciava con certezza gli abusi commessi sui seminaristi e preti (sempre maggiorenni), non ha insistito chiedendo udienza a Giovanni Paolo II?

Nel 2006, nuove accuse, il Papa è Benedetto XVI, il Segretario di Stato è Tarcisio Bertone. Questa volta è un ex prete, abusatore di bambini, Gregory Littleton, il quale fa avere al nunzio negli Usa (in quel momento monsignor Pietro Sambi) una memoria nella quale racconta di essere stato anch’egli molestato sessualmente da McCarrick (sempre da maggiorenne). Viganò prepara una nota per i superiori, che non rispondono. In quel momento McCarrick era già in pensione, dopo che il 16 maggio 2006 Papa Benedetto XVI ne aveva accettato le dimissioni doverosamente presentate l’anno precedente, il 7 luglio 2005, allo scoccare dei canonici 75 anni. Se le voci e le denunce erano così diffuse e note, perché McCarrick non è stato dimissionato subito, al compimento dei 75 anni? Nel 2008 circolano nuove accuse di comportamenti impropri di McCarrick e di nuovo Viganò scrive di aver mandato ai superiori un ulteriore appunto. Questa volta qualcosa si muove, anche se con i tempi non celerissimi della burocrazia vaticana. Arriva da Benedetto XVI un ordine sanzionatorio contro il cardinale ormai emerito e pensionato. Viganò non può essere preciso su questa data perché in quel momento ha infatti lasciato il posto in Segreteria di Stato, dove coordinava il lavoro del personale delle nunziature ed è stato nominato segretario del Governatorato. Dunque, presumendo sempre che Carlo Maria Viganò dica la verità, nel 2009 o nel 2010, Benedetto XVI sarebbe intervenuto ordinando a McCarrick di fare vita ritirata, di preghiera e di non abitare più nel seminario neocatecumenale Redemptoris Mater aperto da lui a Washington.

Il Papa attuale, vero e unico bersaglio dell’intera operazione, entra in scena nel giugno 2013, pochi mesi dopo la sua elezione. McCarrick, ultraottantenne, pensionato, non ha partecipato al conclave, anche se il cardinale è in pensione e pur sempre iperattivo, tanto che continua a viaggiare per il mondo e a tenere conferenze, oltre che a presiedere celebrazioni. Viganò viene ricevuto in udienza da Papa Francesco, che gli chiede di McCarrick e Viganò gli fa presente che il cardinale “ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti” e riferisce anche che in Vaticano c’è un dossier che lo attesta.
Attenzione: non è Viganò a parlare in modo preoccupato del cardinale. È il Papa che chiede un giudizio. Il nunzio non dice di aver consegnato a Bergoglio un appunto sulla vicenda né di avergli chiesto di intervenire. Poi Viganò scriverà delle sanzioni di Benedetto XVI che nessuno conosce (sempre ammesso che esistano), lui come nunzio non sembra aver agito per farle rispettare.

Viganò scrive illazioni sul fatto che McCarrick sarebbe diventato, nei primi anni del pontificato di Francesco, un suo consigliere, in particolare per le nomine americane, senza portare almeno fino ad ora alcuna prova. Sostiene invece (e anche qui non c’è ragione di non credergli), che in quel primo incontro del giugno 2013 il nuovo Papa gli avrebbe raccomandato che: “I vescovi negli Stati Uniti, non devono essere ideologizzati, devono essere dei pastori”. Siccome nei mesi successivi anche McCarrick farà un’affermazione simile parlando con un monsignore della nunziatura (che lo riferisce poi a Viganò), l’ex nunzio che chiede le dimissioni del Pontefice ne deduce che vi sia proprio McCarrick dietro l’atteggiamento di Bergoglio nei confronti della Chiesa Usa. Una debolissima deduzione. È infatti molto più semplice e plausibile ipotizzare che di sua iniziativa Francesco, il quale conosceva la Chiesa americana, avesse ripetuto a varie persone che incontrava quella frase sui vescovi che “non devono essere ideologizzati” ma devono essere “pastori”. Peraltro, per comprendere che proprio questo è uno dei punti insistenti del suo magistero sull’episcopato basta leggere i discorsi del Papa, che la pensava così ben prima del conclave del 2013.

Un’interessante riscontro sulla teoria di Viganò è arrivata dall’ex ambasciatore statunitense presso la Santa Sede, Miguel Diaz, nominato nel maggio 2009, il quale si è detto sorpreso per aver letto le affermazioni di Viganò a proposito delle parole di Francesco sui vescovi americani, ricordando le parole che il nunzio Sambi pronunciò dalla sua residenza a Washington, tutto questo durante il pontificato di Benedetto XVI: “abbiamo bisogno di vescovi americani che siano meno politici e più pastorali, non cultural warriors (guerrieri culturali)”. Quindi sotto il papato di Ratzinger si prendevano decisioni per una Chiesa più pastorale. Si indicava al nunzio apostolico negli Usa di nominare vescovi pastori e non guerrieri culturali? Evidentemente l’eccessivo dualismo dell’episcopato Usa, radicato su certe posizioni politiche, unito ad un certo interesse unilaterale soltanto per alcune questioni etiche, era già un problema alla fine del pontificato ratzingeriano.

Ma in realtà sarà Papa Francesco a aobbligare McCarrick al silenzio e alla vita ritirata. Questa imposizione non trova riscontro, un silenzio mai imposto e nemmeno la richiesta ad una vita ritirata. E ammesso che gli fossero stati imposti, nessuno aveva fatto sì che egli si attenesse agli ordini. Papa Francesco gli toglie pure la berretta cardinalizia. Il cardinale emerito di Washington non è più cardinale, è stato “s-porporato”.

Sta di fatto che la sequenza dei fatti raccontati da Viganò sulle colpe date a Papa Francesco sono più frutto di un’interpretazione fatta di omissis e considerazioni proprie piuttosto che una reale colpevolezza.

Mantenendo comunque il beneficio del dubbio sulle dichiarazioni di Viganò, i fatti puri e crudi, presumendo che siano veri, raccontano che c’è un Papa santo il cui entourage (sicuramente meno santo) ha promosso e fatto cardinale un vescovo omosessuale che abusava del suo potere portandosi a letto i seminaristi. Restano comunque non chiare quante informazioni dirette fossero pervenute su questo, all’orecchio di Giovanni Paolo II che in quel momento era perfettamente in grado di intendere e di volere, al quale sicuramente non poteva passare inosservata l’importanza della nomina dell’arcivescovo di Washington. Ma un altro Papa, oggi emerito, Benedetto XVI, avrebbe ordinato a questo cardinale di vivere ritirato ma questi poi, contraddiceva agli ordini espressi dal Papa e si presentava con una bella faccia tosta in Vaticano. Tutto questo sotto gli occhi di Viganò che però non esprimeva nessun divieto anzi, si faceva addirittura fotografare insieme all’ex porporato Mc Carrick, celebrava con lui, ci mangiava anche e pronunciava discorsi.
E infine Papa Francesco, a quel cardinale, nonostante fosse anziano e pensionato da tempo, ha tolto d’imperio la porpora dopo averlo ridotto al silenzio proibendogli di celebrare in pubblico. Oggi l’ex nunzio malgrado le azione del Papa, lo accusa, chiedendone le dimissioni… Forse Bergoglio ha avuto l’ardire di nominare negli Stati Uniti qualche vescovo meno conservatore rispetto a quelli nominati in precedenza, quando a consigliare sulle nomine americane erano cardinali come Bernard Law. Che l’operazione sia strumentale, appare ovvio a chiunque si accinga ad una riflessione sulla successione dei fatti, senza bisogno della ricerca di informazioni utili a screditare la figura di Viganò.

Ma quest’onta di chiedere le dimissioni di un pontefice non era mai successa da parte di un alto prelato.
L’arcivescovo italiano non si è posto nemmeno il problema e ha sparato a zero sul Santo Padre divenendo così il grande accusatore.

Carlo Maria Viganò dal 2011 al 2016, è stato rappresentante diplomatico della Santa sede negli Stati Uniti, da sempre contrario al modo di predicare di Papa Bergoglio, avverso alla sua Chiesa povera e all’apertura da parte di Papa Francesco alle periferie. Ma risulta solidale all’ala conservatrice americana che si oppone energicamente alla linea pastorale del pontefice.

Dai ben informati si evince che: l’astio che Viganò prova nei riguardi di Francesco, ha in sè qualcosa di personale e legato anche all’associazione della fronda integralista cattolica americana. Risale a tempi non sospetti, quando nel 2012 il segretario Tarcisio Bertone lo rimuove da un incarico amministrativo importante negli Usa. Ma qualche anno prima, entra a far parte della segreteria di Stato come delegato per le rappresentanze pontificie.
Anche in questo contesto, entra in contrasto con l’alto entourage vaticano e secondo le cronache dell’epoca viene allontanato e mandato negli Usa. Ma non va via senza sferrare l’ultimo attacco, invia al Cardinale Bertone una lettera dove accusa tutti e fa i nomi di diverse personalità operative nella Santa Sede che tramano contro lui presso il segretario di Stato per aver rivelato episodi di corruzione all’interno della Chiesa.

Queste e altre rivelazioni innescarono lo scandalo “Vatileaks”.
Quando lasciò l’incarico d’ambasciatore sperava in un successivo prestigioso incarico, ma invece ciò che lo attendeva era il pensionamento alla tenera età di 77 anni!

Altro elemento da non trascurare, è il facile appoggio del fondamentalismo cattolico che Viganò trovò negli Usa.

Papa Bergoglio con le due opere Amoris Laetitia ed Evangelii Gaudium, inferse due duri colpi al regime conservatore americano, nostalgico del wojtylismo, molto più pragmatico formale e politico.
Accuse al Capitalismo e ragionamenti di apertura all’accoglienza, uniti all’attenzione verso i poveri e alle diversità, sono elementi validi per chi aspira ad una Chiesa non più legata al passato.

La pedofilia, come fenomeno radicato negli ambienti ecclesiastici, ha quindi poco a che vedere in questo caso, ma è stata usata per colpire in maniera clamorosa Papa Francesco che da parte sua, in ambito di abusi e pratiche di pedofilia, in tutti questi anni non ha mai coperto chicchesia. Ad esempio in Cile la Santa Sede, ha disposto che fossero indagati 158 tra preti e vescovi per abusi sui minori. I vescovi sudamericani con una decisione senza precedenti si sono dimessi in blocco. Altro passo importante delle intenzioni di Bergoglio di far luce su questi episodi, è stato l’aver indotto a farsi processare il cardinale George Pell (il ranger di Sidney), uno degli uomini più potenti del Vaticano.

A smentire tutti i veleni sul Papa è emblematica la lettera al popolo di Dio, nella quale Papa Francesco chiede perdono ammettendo il fallimento della Chiesa, un fatto questo, assolutamente inedito nella storia.

Alle accuse di Viganò si aggiungono anche quelle del cardinale Raymond Burke, che con altri tre porporati: Brandmueller, Caffarra e Meisner, è firmatario della lettera al Papa contenente i 4 Dubia sulla conformità di alcuni punti dell’Esortazione apostolica Amoris Laetitia, che apre la comunione ai divorziati rispostati.

Intervenendo alla commerazione del cardinal Caffarra a un anno dalla sua morte, Burke ha detto: “La lettera è lì ed esige prima o poi una risposta”. Burke si è pronunciato in maniera misurata ma chiara “La lettera è stata consegnata a chi di dovere e un’altissima personalità istituzionale vaticana ci ha detto che il Papa non avrebbe risposto”. Nella sala Nassiriya del Senato, durante la commemorazione sono stati presentati gli atti del convegno “Chiesa dove vai?” del 7 aprile scorso e Burke ha aggiunto: “Caffarra era profondamente triste per la mancata risposta. Come è possibile… un uomo che aveva dato tutta la sua vita alla Chiesa… sono convinto che alla fine il suo corpo non poteva sopportare il dolore”.

La lettera sui Dubia resta ferma lì e si aggiunge al memorandum di Carlo Maria Viganò e pesano entrambi, sulle scrivanie del Palazzo apostolico. Papa Francesco in un discorso tenuto recentemente a Santa Marta, ha invitato alla cura del silenzio, anche se che questo abbia risolto i problemi. Le dichiarazioni di solidarietà al Pontefice sono cominciate ad arrivare in Vaticano, tra cui gli interventi del cardinale Becciu, del presidente della Cei, Bassetti, della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna guidata dall’arcivescovo Matteo Zuppi e di alcune conferenze episcopali del mondo, che sconcertano e disorientano i fedeli…

Raymond Leo Burke è un cardinale e arcivescovo cattolico statunitense, è considerato tra gli esponenti più conservatori e tradizionali del Collegio Cardinalizio e della Chiesa in generale.
La posizione di Burke nell’ambito della Chiesa, non appare soltanto conservatrice, ma piuttosto ancorata ad un’arcaica e retrograda dottrina integralista.
In qualità di arcivescovo nel giugno del 2008, Burke emise un ordine di interdizione per Louise Lears, una suora dell’ordine Sorelle della Carità, colpevole secondo il giudizio di Burke di aver pubblicamente detto di essere favorevole al sacerdozio aperto anche alle donne.
In un’intervista rilasciata nel gennaio 2015 da Burke sull’interdizione della suora, definì come “femminismo radicale” l’episodio, criticando il servizio all’altare alle donne come una “femminizzazione” della Chiesa che avrebbe condotto alla disincentivazione a nuove ordinazioni maschili.
Dalle parole di Burke, appare evidente una posizione maschilista che non lascia spazio alla possibilità di allargamento del servizio all’altare alle donne, lasciandole relegate ad un ruolo marginale e comunque sempre subordinato al potere maschile nella Chiesa.
Burke dopo la mancata conferma alla Congregazione dei Vescovi negata da Papa Francesco disse di lui che trasmetteva l’impressione di non essere in sintonia con chi parlava troppo d’aborto, troppo d’integrità del matrimonio tra uomo e donna, aggiungendo “ma noi non potremmo mai parlarne abbastanza”. Con questa osservazione Burke rimarca ancora di più la posizione della Chiesa che secondo lui, non può derogare alla forma di unione tra uomo e donna, inibendo così qualsiasi altra tolleranza ad unioni dello stesso sesso.
Egli è infatti tra i più forti critici e oppositori dell’atteggiamento tollerante della Chiesa verso l’omosessualità e verso l’accettazione dei gay.
Come esternò in un’intervista del 2013 dicendo che il matrimonio tra persone dello stesso sesso è un problema, una bugia sull’aspetto più fondamentale della natura e della sessualità umana, queste bugie possono venire solo da Satana che si insinua distruggendo gli individui, le famiglie e persino la nostra nazione.
L’anno successivo rilasciò un’altra intervista e definì “profondamente disordinate e dannose” le relazioni omosessuali; esortò i genitori ad evitare ai propri figli il contatto e la frequentazione con persone gay; definì inoltre l’omosessualità come una malattia non genetica ma dipendente dall’ambiente in cui cresce una persona.
In una successiva intervista del 2015, Burke superò se stesso, arrivando a definire situazioni di coppie gay, divorzati e cattolici risposati, simili al caso di una persona che ha ucciso qualcuno però è gentile con il resto del mondo, dove l’atto positivo non lenisce il peccato.
Un paragone fuori luogo e sicuramente distante, evidentemente in linea con la drammatica chiusura mentale di questo porporato.

Volendo lasciarsi alle spalle le accuse e le bordate di alcuni eminenti personaggi del clero contro Papa Francesco, è evidente quanto Bergoglio sia stato fin dalla prima ora un Papa di rottura per una Chiesa che è ormai avviata verso meccanismi di potere e di abusi nascosti. La sua “politica” guarda alla religione come il mezzo per dare conforto agli ultimi, ai derelitti, a chi soffre. Una Chiesa che non deve lasciarsi distrarre né dal potere né dai beni materiali. Una Chiesa che sente finalmente l’obbligo di pensare ad un’apertura ai divorzati, ai gay, alle donne… Insomma un grande ombrello atto ad accogliere l’umanità tutta, senza distinzioni. E questo collide fragorosamente con coloro i quali invece vedono nella presunta vocazione un’egoistica scalata al potere, assoggettando l’essere umano al volere/potere ecclesiastico.