ARCELOR MITTAL LASCIA. DEPOSITATO L’ATTO DI RINUNCIA

DI MARINA POMANTE

Arcelor Mittal ha deciso di lasciare.
L’atto di recesso è arrivato sul tavolo del presidente del Tribunale di Milano Roberto Bichi. Con il deposito del recesso, la causa viene iscritta a ruolo e adesso il presidente Bichi dovrà assegnare il procedimento, in base a rigidi criteri tabellari, a una delle due sezioni specializzate in materia di imprese.

ArcelorMittal lascia, perchè oggi perderebbe meno a lasciare i lavoratori a casa. L’ex Ilva oggi perde 2 milioni al giorno e 60 al mese e quando era gestita dai commissari perdeva 30-40 milioni al mese. L’acciaio oggi costa 400 euro a tonnellata, al tempo dei commissari si parlava di 390. Ma la differenza sta nel fatto che oggi le materie prime, i minerali, costano di più. In più sono arrivati i dazi. E il piano industriale che i franco-indiani avevano in mente è molto lontano dall’essere rispettato con una produzione che si ferma a 4,5 milioni di tonnellate nel 2019, ben lontano dai 6 milioni previsti.

Ma il governo e in particolar modo Conte, non ci stanno a lasciare l’acciaieria di Taranto e quei 20 mila lavoratori al proprio destino.
Il premier sebbene abbia avviato una battaglia legale con la motivazione dell’infondatezza del recesso, si guarda intorno e l’azione più immediata e ovvia parrebbe essere quella di un ritorno alla gestione dei commissari, con un prestito ponte di 700 -800 milioni di euro e l’istituzione di una nuova gara d’appalto che vedrebbe in cima proprio Cassa depositi e prestiti e il gruppo di Leonardo Del Vecchio, che venne sconfitto alla gara precedente da ArcelorMittal.

In tutto questo una soluzione definitiva potrebbe essere la stessa che si è adottata per la compagnia di bandiera Alitalia: il ministero dell’Economia deterrebbe il 15% del capitale.

Gli scorsi giorni si era pensato che la mossa di ArcelorMittal fosse solo un pretesto per arrivare a condizioni di miglior favore e il premier stava valutando la possibilità di accettare i 2.500 esuberi (livellamento indicato da Mittal) e stava cercando un piano per la tutela dei lavoratori attraverso un “fondo pluriennale” che avrebbe inserito nella legge di bilancio.
Lo stanziamento iniziale avrebbe dovuto interessare dai 5 ai 10 milioni di euro.

Aveva inoltre posto la variabile della possibilità di un abbattimento del canone d’affitto dello stabilimento al signor Mittal. Conte aveva pensato anche al reinserimento dello scudo penale.
Insomma tutti elementi che avrebbero potuto rendere appetibile la prosecuzione della conduzione dell’Ex Ilva di Taranto

Già dalle prime ore di questa mattina, serpeggiava un certo pessimismo a palazzo Chigi. Il deputato tarantino e sottosegretario alla programmazione economica e investimenti, Mario Turco aveva dichiarato: “Tutti i segnali che raccogliamo vanno in una sola direzione: il disimpegno del gruppo franco-indiano, e non è una cosa di questi giorni. Abbiamo scoperto che ArcelorMittal, oltre a fermare l’approvvigionamento delle materie prime, ha anche rifiutato alcune commesse. Questo sembra chiudere il cerchio: hanno deciso di andarsene e se ne stanno andando. Del resto la richiesta di 5 mila esuberi è inaccettabile”.

Mario Turco, per tutto il fine settimana e ancora ieri era stato a Taranto e parlava di “situazione esplosiva”, spiegando che “è un momento estremamente delicato sia per i lavoratori, sia per tutto l’indotto, nonché per le aziende che utilizzano l’acciaio dell’ex Ilva”. poi precisa che il rischio è di una crisi “gravissima” perchè “i fornitori di ArcelorMittal hanno emesso fatture per 50 milioni, ma queste rischiano di non essere pagate, inoltre lo spegnimento progressivo degli altiforni può portare alla morte definitiva dell’acciaieria”.

Da palazzo Chigi arrivano conferme che il premier stia studiando soluzioni alternative. Ed è per questo che Conte è all’esplorazione dell’ipotesi di dare vita a una nuova cordata.
L’alternativa che piace al M5S e a Leu è di puntare sulla nazionalizzazione, ma questa opzione dovrebbe essere proprio l’ultima carta da giocare. Il ministro dell’Economia la giudica “una pericolosa illusione”.

E’ evidente che parlare di nazionalizzazione imporrebbe un carico di risorse non indifferente, per il risanamento dell’acciaieria. Anche se alla lunga i risultati sarebbero di ripagamento, ma il ragionamento e le previsioni restano materia accademica, anche alla luce dei fatti che la finanziaria dovrebbe prevedere ritocchi estremi e dolorosi per il Paese.

Il ministro dell’Economia ragiona invece sulla possibilità di ricorrere a Cassa depositi e prestiti, anche in cooperazione con Invitalia (Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. è una società per azioni italiana partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia).
Gualtieri dice che “Cdp non va esclusa dalla cassetta degli strumenti di cui disponiamo”.

Dal Mef obiettano che “per adesso questa soluzione non esiste, per serietà bisogna portare avanti il piano “A”, cioè la trattativa con ArcelorMittal”.

Un segnale di interesse arriva però da Fabrizio Palermo, amministratore delegato di Cdp. Ieri ha dichiarato al Corriere della Sera: “La disponibilità di acciaio è strategica per un Paese manufatturiero come l’Italia, per questo avevamo partecipato alla gara”.

Leonardo Del Vecchio, partner di Cassa depositi e prestiti nella stessa cordata, è stato notato vicino a palazzo Chigi. Alla domanda se avesse avuto un incontro con il premier ha risposto: “Un incontro con Conte? Non posso né smentire né confermare”.
Fonti attendibili riferiscono che il premier sia sempre più convinto che “la vera sfida sia la tutela della salute e la salvaguardia dei posti di lavoro”. Due aspetti che potrebbero essere tutelati da una cordata a partecipazione pubblica, formata da Cdp, Invitalia, Fincantieri, Leonardo e addirittura il Mef. Insomma davvero una replica di quanto successe per Alitalia. E non sarebbe una soluzione penalizzante ma che anzi aprirebbe prospettive più rosee.

Intanto Conte con il beneplacito del Pd e per venire incontro a Luigi Di Maio e al M5S, aveva già deciso di lasciare in sospeso la questione dello scudo penale. Quella questione che avrebbe avuto la forza di minare gravemente la maggioranza del governo giallorosso. Il tema scudo penale sarà affrontato nel momento in cui ci sarà chiarezza sui passi da fare per salvare l’ex Ilva, i lavoratori e i piani di tutela dell’ambiente, oltre naturalmente alla produzione dell’acciaieria.