USCIAMO DAL BUNKER DELL’INDIFFERENZA

Di Rino Girimonte

“Per vedere un mondo in un granello di sabbia e un paradiso in un fiore selvatico, sostieni l’infinito nel palmo della mano e l’eternità in un’ora”.

Scrivo ogni mattina, spesso di notte, perché sono lunghe queste notti, non finiscono neanche al mattino, ed è come uscir dal bunker, aprirmi al mondo, sentire che qualcuno ti è vicino.

Parlo della distanza obbligata a cui sono sottoposte le nostre relazioni, con gli amici, i familiari, parlo di amori appena nati e già divisi, costretti alla solitudine, a vivere questa non vita senza il conforto di un abbraccio, di una parola sussurrata sul collo. Parlo di una mappa del dolore, uniforme, sotto il colore di un’unica disgrazia, e questa democrazia del male che non risparmia neanche i potenti, triste uguaglianza sì, ma non pareggia, perché c’è un pregresso d’ingiustizia che non si potrà mai colmare.

E c’è l’angustia del nostro tempo coatto, e ci sono le notizie delle perdite, la vita dei nostri anziani che vanno via senza nessuno che li tenga per mano, l’esaurirsi delle lacrime, le abitudini che cambiano, l’obbligo di cambiare, ed ho l’incendio che m’arde dentro quando penso ai tagli alla sanità e a tutti i beni pubblici svenduti in questi anni, i posti letto e tutto quel che manca, falcidiati dalla logica liberista del profitto, la malattia e le cure per arricchirsi. Tutto è merce, che schifo!
E ho visto corpi tirati nei corridoi, distesi su di uno stuoino, una tovaglia, senza uno straccio di decoro, negli ospedali di Madrid. Ed ho paura di rivederli, di rivedere le fosse comuni nell’Impero, in anonimi parcheggi di centri commerciali. Parlo d’inutili armi spuntate, testate nucleari, eserciti costosi, che nulla possono con la potenza dell’invisibile, occupante e nemico, parlo d’ipocriti baci tra inutili capi di stato e di governo di questa perduta e inconclusa Europa, e chiedo soldi, tutti i soldi, maledetti e subito, per salvare l’umanità contro questa pandemia e tutte quelle che verranno, che lasceremo in dote ai nostri figli, contro la peste della fame, della denutrizione dei bambini nel mondo, soldi per salvare il pianeta, economia pulita per nuovi lavori, opportunità nuove, rispettose dell’ambiente, per respirare coi battiti dell’Amazzonia, per rivedere nascere i ghiacciai, recuperare il ritmo delle stagioni, che non ci sorprenda la neve in pieno agosto e che i boschi siano folti, siano diga quando la montagna decida scendere a valle a far spesa di vite umane, e i ponti siano invincibili all’erosione dei secoli e all’incuria degli uomini, e crollino tutti i muri. È un’esperienza di annientamento e ci si aggrappa alle radici,
come gli alberi che nella nuda terra costruiscono la loro forza e poi spingono in su, attratti da un’energia celeste, che non va dispersa.

#RinoGirimonte

Nato calabrese nella penuria degli anni ’50, a Roma sono cresciuto, ho frequentato la scuola della strada, l’università di filosofia e delle lotte, piccole e grandi patrie mi abitano ” amo la libertà delle righe sussurrate, insurrette, in eterna guerra contro le frasi armate”.