UNA SCELTA DI CAMPO PER LA PROSSIMA GENERAZIONE

Di Fernando Cancedda

Conte e il “nuovo inizio”

Votando oggi, il centrodestra vincerebbe le elezioni con qualunque legge elettorale. Il sondaggio di Nando Pagnoncelli, in prima pagina stamani sul Corriere della Sera, non lascia dubbi ma non dovrebbe neppure sorprendere. I risultati delle elezioni regionali e del referendum, nell’opinione dei più, hanno rafforzato la maggioranza di governo e allontanato l’ipotesi di una conclusione anticipata della legislatura. Potrebbe rappresentare, come ha detto Conte, un “nuovo inizio”. Ma il percorso ancora incerto non poteva cambiare gran che nelle intenzioni di voto. E infatti la Lega resta al 24%, seguita dal Pd (19,3%) e M5S (18,6%), quindi Fratelli d’Italia (16,7%),Forza Italia (6,8%9, Italia viva (3,1%) e Azione (3%).

Non ci vorrebbe molto per dare una mano a questo “nuovo inizio”. Basterebbe puntare sui temi che uniscono anziché su quelli che dividono. Dal sostegno agli investimenti pubblici all’economia sostenibile, al rilancio del Sud, alla riduzione dei tempi della giustizia civile, ecc. Basterebbe incoraggiare al chiarimento interno delle idee e dei programmi non solo i Cinquestelle, ma anche il Pd, dove l’esodo dei renziani è stato solo parziale. Basterebbe uscire finalmente dall’equivoco di una sinistra neoliberista. Non si comprende con quale consapevolezza del presente e quale idea del futuro ci sia ancora chi pensa di recuperare il consenso perduto in questi anni puntando sulla demolizione mediatica dei Cinquestelle e rifiutando ogni ipotesi di dialogo e collaborazione con loro.

La sfuriata di De Benedetti

Carlo De Benedetti

La sfuriata di Carlo De Benedetti a “Piazza pulita” è servita a rendere chiaro a tutti l’orientamento antigovernativo del suo nuovo quotidiano “Domani”. Che poi non si distingue molto da quello dei giornali del gruppo Fiat, dalla Repubblica alla Stampa. Con l’obbiettivo esplicito di sciogliere l’alleanza coi Cinquestelle. Contro la sopravvivenza di un parlamento che l’ex presidente del gruppo Espresso-Repubblica dichiara “sfiduciato” dai sondaggi e nelle consultazioni europee e amministrative più recenti.

Invano Bersani ha tentato di richiamare l’attenzione del suo interlocutore sui meriti riconosciuti al governo in un anno estremamente difficile sia per la salute che per l’economia. “Questo Parlamento non può eleggere il nuovo Presidente della Repubblica”, ha ripetuto più volte l’anziano editore. Lo stesso che fino a qualche tempo fa rivendicava la tessera numero uno del PD. “Ma quella era soltanto una boutade”, aveva poi precisato Veltroni.

Una democrazia “zoppicante”

Ovvio che la confusione delle idee e delle lingue è molta. A cominciare dai Cinquestelle ma anche altrove. Sulla democrazia diretta ma anche su quella rappresentativa. Beppe Grillo non ha tutti i torti a definirla “zoppicante” se va a votare soltanto la metà degli aventi diritto. Ma lo è di più per molti di noi se il fondatore del partito con la maggioranza relativa in Parlamento propone di sostituirla con un sorteggio periodico tra cittadini “con determinati requisiti”.

Ciò detto, non dobbiamo dimenticare che Beppe Grillo ha sempre rivendicato la sua professione di comico e un’assoluta libertà di linguaggio. Mascherando col buffo nomignolo di “elevato” il ruolo di garante del movimento, si diverte ancora a sorprendere i media con le sue battute. Non è da escludere che quella riaffermazione molto teorica della democrazia diretta fosse destinata a rabbonire i più delusi tra i suoi, a cominciare da Alessandro Di Battista.

Sulla legge elettorale

Agli “Stati Generali” del movimento, possiamo stare tranquilli che non sarà sul sorteggio dei parlamentari che i “grillini” si divideranno. Non sarà il mito della democrazia diretta a ostacolare il proseguimento dell’alleanza di governo col Pd, Leu e Italia viva. Altri sono gli argomenti su cui scontrarsi. Il Mes, anzitutto, e la riforma o cancellazione dei decreti Salvini. Ma prima ancora la legge elettorale, già presentata in Commissione ma ancora in alto mare.

Non c’è accordo – ha precisato il presidente Brescia – su “pluricandidature, listini bloccati, preferenze, sbarramento, diritto di tribuna”. Come è noto, Pd e 5S convengono sull’ipotesi di un sistema proporzionale alla tedesca, con sbarramento al 5 per cento e garanzia del diritto di tribuna. Leu si limita a chiedere di abbassare la soglia al 4 per cento, ma Renzi si mette ancora di traverso e insiste sul maggioritario “in cui la sera delle elezioni si sa chi ha vinto”. Continua su Nandocan

#FernandoCancedda

Fernando Cancedda. Sono nato a Cagliari l’8 Maggio 1936. Nelle strade italiane si festeggiava la precaria conquista di una colonia africana. Sardi erano i miei genitori e così i loro ascendenti, solo la nonna materna era di Firenze. Devo forse a lei se la famiglia si trasferì in quella meravigliosa città e lì sono cresciuto, primo di cinque fratelli.
Studi classici e laurea il Giurisprudenza. Il babbo, funzionario statale, voleva fare di me un magistrato ma io ero aspirante giornalista già dal liceo: scrivevo, ciclostilavo e distribuivo il giornalino scolastico. La prima “vera” redazione è stata, nel 1962, quella del “Giornale del Mattino“. Era la stagione di una Firenze culturalmente vivace e cosmopolita, del sindaco La Pira e di don Lorenzo Milani,. Io avevo già lasciato l’Azione Cattolica per il “Cenacolo” di Padre Ernesto Balducci. Scrivevo per “Testimonianze”, una delle riviste del “dissenso” cattolico. E fu proprio padre Balducci a benedire – nel dicembre del ‘64 – il mio matrimonio. Un anno dopo, con una sposa appena laureata in lettere e una figlia di poche settimane, viaggiavo verso Roma a bordo di una Fiat “850”. Assunto con selezione pubblica dal telegiornale RAI, l’unico allora in Italia, direttore Fabiano Fabiani.
Tg2
A trent’anni entrai nella redazione del mitico “TV7”, il sogno di ogni giovane giornalista. Nel 1969 la nomina a “inviato speciale”, secondo e ultimo gradino della mia carriera professionale. E la nascita del secondo e ultimo figlio, nel medesimo anno.
Nel 1976 l’invito di Andrea Barbato a entrare nella prima redazione del “TG 2“, invito accolto ovviamente con entusiasmo. Pochi anni dopo, con l’avanzata implacabile della lottizzazione, Barbato venne costretto ad andarsene e l’entusiasmo cominciò a venir meno. Chi non aveva “santi in parlamento” poteva affermarsi solo se molto disponibile e io non lo ero. Al contrario, mi impegnavo nel comitato di redazione, nell’Usigrai, mi esponevo nelle assemblee. Riuscii a salvarmi professionalmente lavorando nelle rubriche e nei servizi speciali, occupandomi, spesso con soddisfazione, di cronaca, di cultura, di costume, di religione. Finché al TG2 sopravvisse dignitosamente il giornalismo d’inchiesta, ci fu ancora modo di divertirsi, o almeno di lavorare con serietà. Nel ’96, sotto la direzione di Mimun, scelsi lo “scivolo” e la pensione anticipata.Da allora continuo a fare il giornalista, con i miei blog e su vari siti Internet, ma a titolo gratuito e volontario e lo stesso valeva per il servizio che ho reso ai colleghi negli organismi della categoria (ordine, sindacato). Nell’ottobre del 2013, ho compiuto 50 anni di professione. Nel 2008 mi ero deciso per la prima volta a entrare in un partito, il PD, per aiutarlo a diventare davvero “nuovo”. Nel 2015 ho capito come molti altri che non c’era niente da fare, Matteo Renzi lo stava portando a destra, in direzione opposta alla mia. Continuo a occuparmi di politica, naturalmente. Dove e come, vedremo.