UNA POLITICA DA RIANIMAZIONE

Di Mario Alberto Marchi

Foto Fanpage

Il processo a Salvini che si aprirà sabato a Catania vede in realtà alla sbarra tutta una stagione politica. O meglio un modo di far politica che ha segnato una lunga stagione.
Cominciamo col dire che ci troviamo di fronte a un procedimento che – con tutta probabilità – verificherà la totale irrilevanza penale dei fatti, ma che è stato fortissimamente voluto un po’ da tutti, vedendovi- per motivi opposti – una facile arma contro l’avversario. Troppo facile per essere efficace.
I processi politici, quelli che hanno un peso, non si mettono in piedi per presunte questioni umanitarie.Ci vuol ben altro. C’è voluto ben altro per piegare – ad esempio, Berlusconi, ma ancora prima un’intera classe politica della prima repubblica.
Lo stesso dicasi per farne bandiera di una propria flagellazione: la retorica della difesa dei confini e della patria è sproporzionata in modo quasi ridicolo, rispetto alla minaccia rappresentata da qualche decina di migranti.
Gli avversari di Salvini sembrano averlo capito già da un po’ visto che più di tanto non soffiano su un fuoco destinato a spegnersi per suo conto.
Lui, il Capitano si vede invece probabilmente costretto a giocare le sue carte in modo clamoroso, anche perchè tutto avviene all’indomani della mancata spallata elettorale delle regionali. Ma è consapevole che la chiamata del “processate anche me” non ha funzionato.
A parte queste considerazioni contingenti, va notato che si tratta dell’ennesimo boccheggiamento di una politica con fiato sempre più corto. Una politica tutta incentrata sulla ricerca del “mostro “ quotidiano dal quale salvare il Paese.
C’è tutto un repertorio, un armamentario di mostruosità che tutti gli attori politici periodicamente sventolano davanti agli occhi degli elettori.
A sinistra lo spettro più classico è quello del “fascismo”, che a destra trova il suo contrappeso nel sempre buono spauracchio del “comunismo”. Lenzuoli da fantasma, talmente stiracchiabili da essere fatti indossare a chi al massimo esprime un certo grezzume intollerante o frequenta qualche dopolavoro.
Poi c’è stata e ancora c’è la retorica dell’anitcasta, tanto più debole quanto praticata frequentando le stanze della casta stessa, finendo per imbucarsi nel disarmante risultato del Si’ al referendum, ma del sonoro No nella scelta elettorale.
Ecco, tutto questo è risultato di un unico, comune modo di coltivare il consenso: costruendo lo spauracchio, il nemico quotidiano. Una tecnica ormai esausta e il processo di sabato ne sarà la dimostrazione. Non ci sarà nessuna censura esemplare, come nessuna sollevazione popolare. Nessuno chiederà la testa del mostro Salvini e per contro la “festa della libertà” messa in piedi per celebrare mediaticamente il martirio non lascerà alcun segno.
Il problema è che questa politica in asfissia , invece che fermarsi e prendere fiato con qualche idea, pare determinata a soffocarsi con le sue stesse mani.

#MarioAlbertoMarchi

Giornalista televisivo a Mediaset per quasi trent’anni, ora consulente di comunicazione. Collaboro con quotidiani, blog e testate on line. Sono veronese, ma vivo a Milano da quando ho iniziato la professione.
Sono appassionato di politica, fotografia e mi interesso di temi sociali.
Ho due figli ventenni che per fortuna non hanno seguito le mie orme: sarebbero molto più bravi di me.