Di Ennio Remondino
Mentre le cancellerie europee evitano di sbilanciarsi prima di conoscere i risultati, Mosca e Pechino gongolano alla prospettiva di un’America più divisa e dunque più debole. A sud del continente americano Bolsonaro e destre tremano per la possibile perdita del loro nume tutelare. Problemi simili anche in Europa, con un po’ più di stile, e persino in Italia per chi sappiamo tutti
Bruxelles e Berlino tifano Biden, Mosca e Pechino si godono l’America in frantumi
Istituzioni e Cancellerie europee in silenzio nell’attesa di conoscere l’esito del voto statunitense e delle contestazioni già annunciate da Trump, quasi certo perdente. Figuraccia del premier sloveno, Janez Jansa, che si sbilancia con felicitazioni a Trump e alla possibile prossima ex First Lady di origini slovene. Se Jansa ora non ride, l’ungherese a Viktor Orbàn, dalla ‘democrazia illiberale’ e il Kaczyński sovranista polacco oggi sono con magone in gola. Gran parte dell’Europa tifa senza dirlo per Joe Biden, sperando che il cambio della guardia a Washington riporti il sereno nelle relazioni transatlantiche.
Francia solo Marine Le Pen con Donald
Macron prudentemente zitto (ha altri guai per le mani), solo Marine Le Pen si sbilancia in favore di Trump. «Donald Trump il ritorno delle nazioni, fine della mondializzazione selvaggia, di questa scomparsa delle frontiere che, credo, ha fatto molto male alle nazioni», sostiene Le Pen.
Trump, democrazia quasi modello cinese
Gli Stati Uniti che escono dal giorno elettorale spaccati a metà, Trump o Biden che sia il presidente, è il vero guadagno politico dei principali avversari internazionali. Pechino certamente capofila, assieme all’Iran, e forse alla Corea del Kim (ma non è detto). Crisi del modello americano. Nelle scorse ore il Global Times lo ha scritto in modo esplicito: «gli Stati Uniti in declino».
Piange o quasi l’alter ego londinese
Boris Johnson senza Trump e l’Atlantico torna oceano. Accordo commerciale post Brexit più complicato, con Biden che considera vitale il rapporto con l’Europa. Infine, qualcuno ricorda, Biden è di mamma irlandese e tiene moltissimo alla pace in Irlanda del Nord, altro ostacolo per il premier Johnson dopo l’ultimo disegno di legge sul mercato interno britannico che potrebbe metterla in pericolo e che viola i trattati internazionali firmati lo scorso autunno da Uk e Ue.
Russia e l’amico Putin, quanto amico?
E qualcuno a Mosca, malignamente ma con buona memoria ricorda: «Sembra che il boomerang delle cosiddette rivoluzioni colorate che gli Stati Uniti hanno lanciato nell’ex Urss stia tornando a casa», e l’osservazione vale per l’ex Jugoslavia, Georgia e Caucaso, Bielorussia e dintorni ucraini, più frequentati da Biden che da Trump.
Chi trema personalmente è Bolsonaro
In Brasile, il timore degli ambienti diplomatici e militari è che, in caso di vittoria di Biden, Bolsonaro possa finire ancora più isolato di quanto già non sia, osserva Claudia Fanti sul Manifesto. «Bolsonaro, che non ha mai nascosto la sua ammirazione idolatrica per Trump, fino al punto da proporgli lo sfruttamento congiunto dell’Amazzonia». E Bolsonaro si dichiara apertamente contro Biden che lo aveva attaccato proprio sulla deforestazione.
America latina troppo ‘giardino di casa’
La passione di Bolsonaro per Trump, ha provocato molti malumori in Brasile: la presa di distanza dalla Cina e alla rinuncia al trattamento speciale di cui il Brasile, come paese emergente, godeva. Per non parlare del sud del continente che Trump ha cercato di riportare al ruolo di giardino di casa Usa. Cuba tornata nemica ideologica, e il Venezuela di Maduro-Guaidò, e il Cile con ancora la costituzione scritta da Pinochet.
In Italia, tifoseria Trump facile da individuare ma politicamente irrilevante, salvo rosario del miracolo brandito per una nuova improbabile crociata.
Da Remocontro
- Taiwan è “un’isola del tesoro”, e Pechino la vuole - 10 Luglio 2021
- L’eterno ritorno dell’antisemitismo - 13 Giugno 2021
- Popper e Lorenz sull’evoluzionismo - 21 Maggio 2021