“Social network” arbitri della censura

Di Michele Marsonet

 

Che i social network stiano diventando troppo potenti, e a volte si trasformino in veri e propri arbitri della verità, è in fondo cosa già nota. Se ne parla da tanto tempo, senza che nessuno sia riuscito a frenare la loro invadenza.

L’assalto al Campidoglio da parte dei sostenitori di Donald Trump, e il conseguente oscuramento di tutti gli account del tycoon, ora ripropongono il tema in tutta la sua drammaticità.

Senza scordare, ovviamente, che lo stesso Trump non dovrebbe lamentarsi troppo. E’ stato proprio lui, infatti, a inaugurare la discutibile abitudine di affidare ai social – e in primo luogo a Twitter – i messaggi della sua comunicazione politica.

All’inizio l’irruzione dei social fu vista come una benedizione. Si sperava infatti che il loro avvento avrebbe contribuito a diminuire le distanze tra le élites e il popolo, consentendo a ognuno di dire la sua su qualsiasi argomento.

Il problema, tuttavia, è molto delicato. Nel secolo scorso Karl Popper, parlando dell’eccessiva violenza presente nei programmi televisivi, invocò una sorta di “censura” volta, per l’appunto, a impedire che la violenza dilagasse.

Ci furono subito reazioni sconcertate. Popper è uno dei maggiori rappresentanti del liberalismo contemporaneo, e sentirlo invocare la censura fu una sorta di pugno nello stomaco.

La sua risposta non fu affatto soddisfacente. A suo avviso anche la tolleranza ha dei limiti, e questi devono essere fatti valere quando gli intolleranti rischiano di prendere il sopravvento.

Formalmente il ragionamento fila ma, dal punto di vista pratico, occorre pur dire chi è incaricato di fissare i confini della tolleranza e, soprattutto, chi deve identificare gli intolleranti.

Popper se la cavò sostenendo che occorre dotare giornalisti e operatori della comunicazione di una sorta di “patentino” che consentisse loro di svolgere al meglio i loro compiti.

Proposta quanto mai astratta e per nulla efficace. Occorre, infatti, identificare dei “superesperti” etici in grado di tracciare i confini della tolleranza e di identificare senza problemi gli intolleranti.

Il problema si ripropone oggi con la pressoché completa cancellazione di Trump dai social. Persino Roberto Saviano, non certo un simpatizzante del tycoon, ha espresso dubbi pesanti. Egli non vede per quale motivo debbano essere proprio i colossi del web a cancellare gli account.

La realtà, a ben guardare, è che sono i “padroni” dei social a prendere tali decisioni, per esempio Mark Zuckerberg per quanto riguarda Facebook, e questo fatto si configura come un attentato alla libertà di espressione e alla stessa democrazia.

Se consentiamo che siano pochi multimiliardari, tycoon al pari di Trump, a decidere cosa è lecito pubblicare e cosa no, quale futuro ci attende? Un futuro controllato dal “Grande Fratello”, ovviamente, e in molti casi abbiamo già la sensazione che sia proprio così.

Si noti che non occorre difendere Donald Trump per capire che, oggi, la libertà di espressione corre percoli sempre maggiori. Anche perché Facebook. Twitter e Google sono aziende private, mentre in questi casi dovrebbe essere la dimensione del pubblico a svolgere il ruolo di controllo

Michele Marsonet

Si è laureato in Filosofia presso l’Università di Genova, e in seguito all’Università di Pittsburgh (U.S.A.).
– Dopo la laurea ha svolto periodi di ricerca in qualità di “Visiting Scholar” presso le Università di Oxford e Manchester (U.K.), e di New York (U.S.A.).
– È attualmente Professore Ordinario di Filosofia della scienza e di Filosofia delle scienze umane nel Dipartimento di Filosofia dell’Università di Genova.
– È stato Direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Genova.
– È stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova.
– È stato Prorettore all’Internazionalizzazione dell’Università di Genova.
– È Fellow del New College dell’Università di Oxford (U.K.), e del Center for Philosophy of Science dell’Università di Pittsburgh (U.S.A.).
– È stato Visiting Professor presso molti Atenei stranieri tra cui: City University of New York, Pittsburgh e Catholic University of America (U.S.A.), Melbourne (Australia), Oxford, Londra, Bergen (Norvegia), Siviglia e Malaga (Spagna).
– È autore di 26 volumi e curatele, di cui 4 in lingua inglese pubblicati in Stati Uniti e Gran Bretagna, e di circa 300 articoli, saggi e recensioni in italiano, inglese e francese su riviste italiane e straniere.
– È giornalista pubblicista.