Di Luca Martini
Mi ricordo molto bene Giovanni Maimeri che va negli States in Treno di Panna (1981), e Fiodor Barna che rincorre e abbraccia in Uccelli da gabbia e da voliera (1982) l’incantevole Malaidina.
Erano due eroi e una ragazza davvero “alla Andrea De Carlo”, come avrei subito imparato e ammirato: posseduti da una coolness totale, da un candore in apparenza ingenuo, da un assoluto menefreghismo per il luccichio farlocco della vita di società – Maimeri per esempio fa il cameriere per mantenersi se ricordo bene a Los Angeles con una nonchalance degna di Buster Keaton.
Erano eroi spaesati e tenerissimi, a volte, cui arride però un “successo di critica” seppure nella loro esistenza cartacea, per via di un’eleganza naturale che li ripara sempre dalla più volgare realtà. Mi dà ragione l’autorevole Enzo Siciliano – cadendomi dalla vecchia copia di Uccelli da gabbia un giallastro ritaglio del Corriere della Sera del 1982 – dove per lo scrittore milanese giunto al secondo romanzo parla di “grazia” e di “volontà di chiarezza” nella “vastità parcellizata del mondo” in cui ci muoviamo.
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