Di Mario Rigli
Non è difficile ricordare i loro sorrisi, la loro fierezza. Del resto le ragazze curde erano un tempo in tutti i post, in tutti gli articoli di giornale, in tutte le tv.
Erano un esempio vivente di come si possa combattere l’oscurantismo, l’integralismo. Kobane e Raqqa sono libere per merito loro, anche per il loro merito. E io, noi, le abbiamo immaginate cantando lungo i sentieri della loro terra. Lungo gli impervi sentieri da liberare metro per metro.
Tutti più o meno, allora, scrivemmo queste cose:
I Curdi son un popolo e una nazione che la Storia non ha mai trattato bene. Invisi a molti, specialmente ai governi nel cui territorio sono considerati più ospiti inopportuni che cittadini a tutti gli effetti. I Curdi, un popolo multireligioso, laico, multiterritoriale con l’orgoglio della propria identità, desiderosi forse di farsi uno stato loro.
E quando devi difendere la tua casa, la tua terra, la tua famiglia, i tuoi affetti le forze si moltiplicano. E’ commovente la difesa di Kobane, città simbolo e speriamo mai città martire.
E gli uomini dell’ISIS, neri, incappucciati, implacabili e inesorabili, sono messi a dura prova da questo popolo che si difende a volto scoperto.
Ma quello che li spaventa di più, che non riescono a comprendere sono queste donne, queste ragazze meravigliose che li combattono. E li combattono con il sorriso, senza velo, ad occhi aperti . Nel loro fanatismo, non riescono ad immaginare come una donna si possa comportare come un uomo ed è di questo che hanno paura.
Io sono contro la guerra, ma ogni popolo ha il diritto- dovere di difendersi, di difendere la propria identità anche con le armi.
Ed io ti ringrazio ragazza curda, perchè tu non combatti solo per Kobane, tu non combatti solo per il popolo curdo, ma tu combatti per la libertà, per la democrazia, tu combatti per le donne di tutto il mondo, tu combatti per gli uomini liberi di tutto il mondo, tu combatti anche per me.
Grazie ragazza curda.
Ma ora? Nessuno scrive una riga.
Ora che non è più l’Isis il nemico da battere. Ora che il nemico di queste ragazze di questo popolo è alleato dell’Occidente, della Russia, ora che non devono più combattere contro Abū Bakr al-Baghdād, ma si devono difendere dal ben più potente Recep Tayyip Erdoğan.
La comunità internazionale è muta, nessuno alza un dito e queste meravigliose donne, questo grande popolo è ancora costretto a imbracciare il fucile e questa volta contro i carri armati.
Donna Curda
Aquila, mi sento ormai
e, sulle vette, dei venti,
non posso fare a meno.
E l’aria fendono
le mie ali mimetiche
e non pesa più il ferro
durante il volo.
La mia casa è laggiù,
i miei fiori laggiù ,
le lacrime non fanno
crescere erbe
nei pendii scoscesi.
La mia famiglia è laggiù
ma il sorriso delle compagne
trasfigura la mia sofferenza,
il mio sorriso
attenua la loro.
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