Di Mario Rigli
Le città sono un tema ricorrente di Lido Rapaccini. E forse in questo soggetto si comprende e si percepisce per intero il malessere esistenziale di Lido, il suo onirismo, il suo essere visionario, al limite di fobie mal celate e a volte represse.
Sono Venezie immaginarie, Firenze fantastiche e molto spesso anche la sua Terranuova, dipinta come città anche se è un piccolo paese.
Sono molto spesso monocromatiche, ma non sappiamo se questo usare i colori con parsimonia, o almeno combinarne molto pochi, era una sua scelta o una necessità dovuta al fatto di non possederne momentaneamente. Sono città estremamente compatte e dense, dove le case si stringono e si sorreggono l’una all’altra, fitte come cespugli inestricabili di mattoni. E sono spesso deserte, senza abitanti, solo case chiese e mattoni, oppure, ma raramente, sono affollatissime di esseri deambulanti come zombi, silhuettes con appena percepibili sembianze umane. Spesso è presente il monumento equestre centrale in una piazza deserta, e alle spalle centinaia di torri, guglie, pinnacoli, finestre. Che ci passi attraverso un fiume e sia vicino ad un bosco la città di Lido appare come inabitabile, asfissiante, dove ansia e angoscia aleggiano incessantemente.
Ma sono belle le città di Lido, bellissime, città di favola, città di sogno, visioni diafane e surreali.
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LIDO RAPACCINI (Lidor Pittor):
Tra l’arte naif e la transavanguardia
La transavanguardia, un movimento artistico teorizzato da Achille Bonito Oliva intorno agli anni settanta-ottanta ha probabilmente un epigono che qualche decina di anni prima dipingeva secondo i dettami di tale corrente artistica prima che la stessa venisse teorizzata. Un appartenente dunque antelitteram al movimento stesso.
Lido Rapaccini, nato a Terranuova Bracciolini il 17 novembre 1921 (una trentina di anni prima dei famosi CHIA, CUCCHI; CLEMENTE; PALADINO, DE MARIA) in realtà si muove fra la transavanguardia e l’arte naif quando si intenda per quest’ultima il seguire il proprio istinto senza seguire quelli che sono i dettami tecnici e filosofici delle espressioni artistiche del momento, esprimendo senza compromessi una visione realistica e poetica, fantasticando e accentuando le forme e la realtà. Ma ha anche risposto “alla catastrofe generalizzata della storia e della cultura, aprendosi verso una posizione di superamento del puro materialismo di tecniche e di materiali e approdando al recupero dell’inattualità della pittura, intesa come capacita di restituire al processo creativo il carattere di un intenso erotismo, lo spessore di un’immagine che non si priva del piacere della rappresentazione e della narrazione” l’artista si esprime cosi decenni prima di questa teorizzazione , attraverso tutti i materiali nobili e meno nobili, appartenenti alla tradizione della scultura e della pittura ed al pratico inerte del quotidiano. Lido usava così stecche di legno sottratte da bancali per intelaiare pezzi di lenzuoli di casa e farne le proprie tele o indistintamente colori ad olio, tempere, acrilici o smalti per edilizia in base al momento e alle finanze, “costruendo” opere che “trasfigurano, con il proprio empito creativo la contingenza del tempo a cui, nonostante tutto è appartenuto”. “Ogni costruzione fonda la propria statica precarietà sul movimento, sulla commozione che permette di muovere insieme peso e leggerezza, segno e materia, in un collasso di forme che pure è capace di resistere all’urto di uno sguardo abituato per convenzione ad una contemplazione da fermo”. “Il linguaggio dell’opera si pone in uno stato di comunicazione non logico-discorsiva, ma totale e compenetrante. Colore, segno architetture fantastiche colano direttamente nel corpo che fronteggia l’opera, artista o pubblico.
La sue fantastiche e mirabolanti città, le sue Venezie o Firenze immaginarie, irte e zeppe di pinnacoli, di guglie, spesso del monumento equestre centrale, quasi sempre in nero su un fondo monocromo di vari colori ci affascinano e allo stesso tempo ci respingono comunicandoci l’impossibilità nonostante l’affollamento umano di vita stessa. Le sue maternità con un sapore sempre vagamente incestuoso, i suoi ritratti, di regine fantastiche, di principesse irreali figure però simili a quelle di Chia, estremamente consistenti, nella manualità piena e opulenta da cui sono forgiate, personaggi consistenti ed eterei, sospesi fra cielo e terra. I suoi gruppi bucolici tra il picnic primaverile in prati e boschi e veri e propri baccanali. Le sue pampas zeppe di mandrie e cavalieri, i suoi paesaggi valdarnesi leggeri e morbidi privi di personaggi.
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Poco o niente si sa della sua vita privata, personaggio ostico e introverso; in vita non ha mai voluto vendere un quadro, quando aveva definito un prezzo lo aumentava più volte, se occorreva, quasi non volesse staccarsi dall’opera. Nato a Terranuova Bracciolini nel 21, si trasferisce in Argentina nel 1952 , dopo aver provato la carriera di pugile con scarso successo. In Argentina sposa Olinda Iris Alesandro dalla quale ha il figlio Giulio Cesare. Ritorna in Italia con il figlio nel 1963 dopo la morte della moglie avvenuta in un incidente e si dedica interamente alla pittura e alla scultura. Provato dalla morte del figlio decade fisicamente e spiritualmente fino alla morte avvenuta nel 1999.
Le città sono un tema ricorrente di Lido Rapaccini. E forse in questo soggetto si comprende e si percepisce per intero…
Gepostet von Mario Rigli am Mittwoch, 25. November 2015
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