Di Emilio Radice
Nell’estate dell’82 ero in Turchia. C’era stato il colpo di stato militare. I muri erano tappezzati da manifesti con le foto dei ricercati. Si capivano le parole kommunist e kkk, comunisti e militanti del partito kurdo, poi le foto segnaletiche. All’imbrunire scattava il coprifuoco. Una sera ero in una bettola di Bursa quando da un tavolo vicino un paio di avventori turchi mi fece: “Italìa?”. Io: yes. Allora loro: “Italìa rossi, rossi gusel”. Gusel vuol dire buono. Ma quel dire rossi mi allarmò. E risposi: no rossi, no rossi, I’m a tourist, no rossi… alzando al contempo le mani in segno di inoffensività. In effetti io pensavo a rosso come colore politico, quello del comunismo, e con l’aria che tirava…. Loro invece stavano seguendo le partite del Mundial e il rossi a cui si riferivano era Paolo Rossi, il calciatore che stava portando la nazionale italiana a conquistare il titolo. Finì in un respiro di sollievo e in una risata. Poi, nei giorni seguenti, continuai a seguire le partite da dove mi trovavo. In quella contro la Germania i turchi, in un bar dell’Anatolia, tifavano tutti per noi e Rossi segnò ancora. Fu come se stessero vincendo loro, mi offrirono da bere e facemmo festa. Questo è il mio ricordo di Paolo Rossi e di quella magica estate.
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