Il populismo di Trump è fallito, ma non finito

Di Bobo Craxi

Photo by Mario Tama/Getty Images)

Il populismo di Trump è fallito, ma non è finito. Ora bisogna aiutare l’America a ritrovare se stessa. Il Governo italiano inviti Biden a Roma, dove è nata l’Unione europea. La vittoria di Biden è lenta ma inesorabile: il farraginoso sistema elettorale americano e le contestazioni politiche e giuridiche del presidente uscente ritarderanno l’esito compiuto, ma la pagina è voltata.

Chi si illude che il mondo si troverà innanzi un’America diversa resterà deluso: i miasmi profondi di un Paese che ha pagato duramente il collasso del capitalismo finanziario e la crisi economica, ha generato lo spavento di non poter essere più in grado di corrispondere con la realtà al desiderio di restare ancorati al sogno americano, che ha reso quel popolo orgoglioso di esserlo. L’autosufficienza ‘trumpiana’ ha inoltre generato l’illusione che quello fosse il miglior sistema per uscire dalle crisi e dalle paure: un maggiore interventismo economico dello Stato unito a una robusta dose di autoritarismo, è apparsa una soluzione praticabile, ma non risolutiva.

La risposta americana all’offensiva cinese era quella di riconsiderare il proprio approccio multilaterale e arroccarsi in una presunzione isolazionista menando fendenti a destra e a manca, dissolvendo lentamente il proprio legame atlantico e rigenerando il volto di una superpotenza che aveva perso fiducia in se stessa. Biden e i democratici dovranno ricostruire la presenza americana nel mondo, tenendo conto che il populismo ‘trumpiano’ ha fallito la missione elettorale, ma non è finito. E si dovranno correggere le distorsioni di una leadership che ha offerto una via d’uscita autoritaria alla crisi economica.

In un certo senso, verrà salvaguardato l’impianto sociale che è parte consistente della azione dei populisti nel mondo, ma spurgandolo dalle spinte autoritarie. Il maggior intervento dello Stato nella vita pubblica incontrerà il favore di diversi settori della politica americana, tanto in campo democratico, che repubblicano. La presenza di una nuova classe dirigente, in particolare femminile, giovane e di approccio socialista-democratico, potranno essere di grande stimolo e aiuto a quello che potrebbe apparire come una seconda fase del ‘New Deal’, che paradossalmente scaturisce dalla vittoria di un grande outsider della vita pubblica come Donald Trump, che ha saputo intercettare umori nascosti e profondi che non si sopiranno nel giro di pochi anni.

Il continente europeo ha tenuto il fiato sospeso perché sappiamo che l’onda lunga del populismo, arrivata sin sulle coste dell’Atlantico, è stata propagata dalla sponda occidentale europea, la quale ha generato per prima i movimenti politici e reazionari che hanno fatto fronte alla crisi del capitalismo globale, restringendosi nella logica sovranista e populista. Oggi, quella stessa Europa è chiamata a esprimere un sostegno pieno e attivo verso i cambiamenti che possono occorrere in America. E dovrà sostenere Biden nella difficile opera di ricucitura interna e internazionale.

L’Italia ha mostrato una posizione di attesa nei confronti degli esiti delle presidenziali americane. E’ evidente vi è, nel nostro Paese, un fronte ampio di sostegno alle politiche isolazioniste e sovraniste, che hanno trovato in Trump una espressione paradigmatica. Se la destra tradizionale ha vissuto il sostegno alla causa repubblicana come naturale, è evidente che la declinazione nostrana del ‘trumpismo’ (ovvero, intervento pubblico nell’economia e autoritarismo sul piano dei diritti) è rappresentata dalla parabola, ora discendente, del Movimento di Grillo e Casaleggio prima maniera. Si è colta, infatti, tutta la difficoltà dello stesso premier Conte a esprimere con nettezza (al contrario di Merkel e Macron, che si sono abbondantemente spesi per la vittoria dei democratici) la propria inclinazione e scelta di campo.

L’Europa deve e può accogliere il ritorno a una politica multilaterale e comprensiva del dialogo politico ed economico nel mondo, che può essere alla base del mandato di Joe Biden. L’Italia deve rompere gli indugi e inviare subito un invito formale alla nuova presidenza, quando ufficialmente eletta, perché possa essere ospitato qui a Roma, nella nostra capitale, dove è nata formalmente l’Unione 63 anni or sono, nel mese di marzo. L’Europa ha sempre avuto bisogno di rinsaldare legami storici che non si sono mai spezzati con l’alleato atlantico, ma oggi più che mai è l’America a dover essere aiutata a uscire dall’avvitamento di un isolazionismo che ha modificato profondamente lo spirito culturale e politico dell’Occidente.

Assieme, lo ha dimostrato anche la tragedia della pandemia, è possibile venire a capo dei grandi dilemmi del nostro tempo: si potranno sbagliare le rotte, ma non gli approdi di un mondo che, smarrendo il senso della propria interdipendenza, ha generato processi di distanziamento ed estraniamento che hanno finito col peggiorare le situazioni per tutti, mettendo a rischio la pace, la sicurezza e la convivenza fra popoli diversi.

A un gigante democratico in crisi come gli Stati Uniti d’America, non possono sostituirsi modelli politici ed economici fondati su pilastri che contraddicono i modelli delle società libere e democratiche, che sono alla base dell’affermazione dell’Occidente del mondo. Libertà e democrazia sono il lascito più cospicuo della tradizione e della Storia americana, che oggi vanno più che mai sostenute e affermate.

Da Avantilive

#BoboCraxi

è un politico italiano, già sottosegretario di Stato agli affari esteri con delega ai rapporti con l’ONU nel secondo governo Prodi.
Già esponente del Partito Socialista Italiano storico, membro del Nuovo PSI e passato poi alla formazione politica dei Socialisti Uniti, ha aderito in seguito col suo gruppo al ricostituito Partito Socialista Italiano.
È il figlio secondogenito di Bettino Craxi (1934-2000) e fratello di Stefania.l