Di Giorgio Consolandi –
la genesi
Erano gli anni del vaffa day e un comico furioso arruffava popoli nelle piazze. In molti si riunivano ad ascoltare quei discorsi che sembravano essere sempre meno delle battute da cabaret e assumevano sempre più la connotazione di denunce politiche.
Beppe Grillo, sbraitava contro certa politica corrotta, incapace di far il bene del Paese, perché distratta da interessi personali. Si ingenerava l’inesorabile gruppo di cittadini stanchi e disillusi dai partiti tradizionali, che intanto continuavano a macinare scandali e registrare arresti dei propri attivisti.
l’alba
Il popolo degli “stanchi” crebbe, e lo fece al punto di diventare un bel Movimento capace di tenere testa ai partiti big della politica italiana. Gli attivisti si riunivano in meeting (meetup), nel corso dei quali si proponeva, si denunciava, si pianificava…
Il M5S era ormai una realtà, tanto che si arrivò a sfiorare l’accordo per governare col Pd che all’epoca vedeva Bersani seduto al posto di comando. La cosa tuttavia sfiorì prima ancora del termine dell’incontro ed i due esponenti delle forze politiche (Grillo per il M5S e appunto Bersani). I due convennero che non c’erano basi sufficienti all’ipotesi di un accordo per governare.
il trionfo
Si giunse poi alla clamorosa vittoria elettorale che decretò il Movimento 5 Stelle come primo partito. Praticamente un elettore su tre espresse consenso favorevole. Si arrivò così al contratto di governo con la Lega di Salvini. Un contratto che impegnava i due gruppi a rispettare una “tabella di marcia” delle cose che andavano fatte.
L’inizio della fine
Beh, per un po’ funzionò, ma poi, saranno state le elezioni europee che dettero una illusione di potere a Salvini, saranno stati i mojito trangugiati nella calura estiva, il governo giallo-verde subì scossoni dall’interno fino a decretare la propria fine.
La svolta
Il premier Conte cavalcò il problema e si pose in duro faccia a faccia col fautore di tale debacle degli accordi. Dall’altra parte il Capitan Salvini, chiedeva pieni poteri e nuove elezioni, e lo faceva supportato dall’intero centro destra (ma anche dalla destra estrema).
Solo che le cose presero una strana piega, perché il Pd offrì il proprio consenso ad una valutazione di un governo giallo-rosso. Il nemico giurato del M5S, Matteo Salvini, aveva abbandonato il Pd cercando fortuna fondando il proprio partito, Italia viva. Quindi nulla ostava più ad un’intesa di governo, con l’appoggio proprio di Italia viva e di Leu.
E fu così… Il governo giallo-rosso nacque dalle ceneri di quello giallo-verde e governò proseguendo il programma lasciato a metà ed arricchendolo con le proprie proposte.
le reazioni
Ma i puristi, gli integralisti dei tempi del vaffa day, hanno mal tollerato queste alleanze, dapprima con il centrodestra e poi col centrosinistra. Alcuni hanno preso le distanze dal Movimento, altri ne sono fuoriusciti, altri ancora speranzosi di ottenere chissà quali vantaggi hanno preferito il “cambio di casacca” andando a rimpinguare le fila degli avversari politici.
Una recente votazione sulla nota piattaforma Rousseau, alla quale fanno capo attivisti ed iscritti, ha sancito la volontà della maggioranza ad accostamenti politici con altre forze per conservare i numeri necessari alla governabilità, inclusa quella di regioni e comuni.
Una scelta che ha destato la levata degli scudi dell’integralismo a 5 Stelle. Si sono così cominciate a registrare voci di accusa di svendere il movimento, di trasformismo, di rinuncia agli ideali che dettero vita al Movimento.
considerazioni obbligate
Tutte ragioni che diventano irragionevoli se si considera l’attuale percentuale, se si tiene conto della reale forza del M5S nello scenario politico. Un malcontento che non ha motivo di esiste se si intende proseguire nell’azione di ripristinare la giusta misura nel Paese. Alcuni “subirono” l’accordo con la Lega sopportandone la vicinanza ber il bene della governabilità, altri lo fecero col Pd. Nessuno che appartenga al Movimento avrebbe mai voluto essere in un esecutivo condiviso, ma i fatti (e la legge elettorale) hanno imposto dinamiche diverse.
La scelta del male minore è adesso la logica da perseguire. Che fare dunque? Continuare a turarsi il naso e governare con altri, infondendosi vicendevolmente valori nuovi, oppure astenersi, restare tagliati fuori, sperando che un giorno si arrivi alla maggioranza in solitaria?
Parole come compromesso, intesa, accordi, assumono nuove accezioni che a seconda da chi sono pronunciate si riempiono di significato, trasformandole in qualcosa di negativo o in atteggiamenti responsabili e costruttivi.
Ma lasciando le disquisizioni filosofiche ai puristi del pensiero politico, ci tocca ammettere che è il momento di badare al concreto e ragionare in base alle potenzialità che si hanno per affrontare le sfide elettorali che verranno.
Nessuno vorrebbe inquinamenti alle proprie idee politiche e le contaminazioni non lasciano mai integri gli ideali, ma resta l’assunto che si ha l’obbligo di scegliere il male minore. Già proprio così. Perché l’alternativa è sparire!
- Taiwan è “un’isola del tesoro”, e Pechino la vuole - 10 Luglio 2021
- L’eterno ritorno dell’antisemitismo - 13 Giugno 2021
- Popper e Lorenz sull’evoluzionismo - 21 Maggio 2021