FABRICE LUCHINI MATTATORE (CON BRUEL) SALVA IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE

DI LUCA MARTINI

È lui il più grande attore francese in carica, quello che, per esperienza e per una sorta di dono, sa illuminare lo schermo appena appare, tirar su di morale la commedia che boccheggia, mettere pepe in un polpettone, essere più congruente degli altri alla realtà di un’opera, se il testo e l’immagine funzionano già da sole. Ormai si dice: vado a vedere un film di Fabrice Luchini, anche se è firmato, che ne so, Leconte oppure Ozon.

Robert Fabrice Luchini (Parigi, 1951) è stato un giovane magro e indeciso a spasso per i proverbi intellettuali di Éric Rohmer – gli ha fatto pure un Parsifal su un cavallo di legno – e a Parigi registra sempre il pienone, quando a teatro incarna Bardamu che sbarca in America – ma non vive di solo Céline, da “anziano” si muove bene con recital di versi e testi classici.

Intanto ha infilato una sfilza di commedie particolarmente riuscite, recitate da sofisticato parigino, amante timido o arcigno intellettuale, con riuscite punte di cattiveria – o di dispettosità, che è la forma di cattiveria che gli riesce meglio – fino a Molière (Alceste) in bicicletta e a La corte, Coppa Volpi per lui a Venezia 2015 – d’altro, in un’orgia di candidature ha vinto un unico César con un Lelouch.

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