DE LUCA E IL SUO PARLARE TRANCHANT

Di Rino Girimonte

De Luca

Si rimane colpiti dai numeri dei contagi in Campania, ormai la Lombardia del Sud. Il suo presidente, nonché governatore, prefetto, sceriffo, veniva osannato e portato ad esempio, soprattutto per il suo modo di affrontare l’epidemia, ed era facile cadere prigioniero della sua pungente simpatia, ancor più quando imita Crozza.
Che lo si ami o lo si avversi, niente di lui lascia indifferenti. Uomo pratico, uomo del fare, che si trovi nel centrosinistra non vuol dire che no potrebbe stare anche nel centrodestra.
È quel suo sguardo che sembra perdonarti la vita, sono le sue parole, con i tempi giusti di consumato attore, che giungono lente, come al rallentatore e sono pugnali che cercano il cuore.
Il suo parlare tranchant, la sua verve sorniona, partenopea, lui sì che non consuma abusivamente ossigeno, certamente colpisce e risulta efficace. Ed anche i risultati della sua gestione anti virus erano buoni, come del resto in Basilicata, Abruzzo, Molise e in tutto il centrosud, perfino in Calabria, dove la Jole confonde la febbre con la tarantella. Ancor più buoni se si pensa ai disastri meneghini del duo Fasano. Parlava di lanciafiamme, di carabinieri da inviare a spegnere grigliate e feste di laurea, di tornare ai confini preunitari e tutti a battere le mani. Se qualcuno faceva notare che il giubilo, in quelle forme e dimensioni, per la vittoria del Napoli in coppa Italia, forse era meglio evitarlo, lui rivendicava quei momenti di gioia, sempre così poco frequenti. Come dargli torto. Anche perché poi, i tifosi, votano. Io capitai a fine luglio a Cava dei Tirreni, cittadina deliziosa. Sul corso Umberto I, alle 2 di notte, non si poteva camminare, poche mascherine e tanta gioia di stare insieme. Comprensibile, dopo mesi vissuti in modo monacale, era necessario dare al corpo un po’ d’allegria, ma il cipiglio con cui redarguiva, urbi et orbi, nelle sue dirette televisive, non trovava facile ascolto, visti i comportamenti dei suoi concittadini e, soprattutto, il controllo brillava per la sua assenza, là, qua, sulla costa Smeralda o a Copenaghen. E adesso con chi ce la prendiamo?
Forse è di difficile gestione lo spirito vivace, un po’ anarchico delle popolazioni meridionali, sarà forse il sole, il mare e la voglia di abbracci, forse la pizza c’a pummarola ‘n coppa. Può darsi che ha meriti sufficienti, ma prima di farlo santo aspettate almeno un mezzo miracolo. Valga lo stesso discorso per il doge veneto per cui, quando le cose vanno meno bene, c’è bisogno di qualcuno su cui scaricare gli oneri, fossero anche cinesi con il sorcio vivo in bocca, avendo già consumato molti onori. Sarà forse la propensione italica a genuflettersi al cospetto dell’uomo forte? Può darsi, anche se poi la storia, litigando con la nostra scarsa memoria, assegna a ciascuno il proprio posto. E adesso arrivano i dolori. Ma basta non farlo sapere, basta lasciare fuori i giornali, per altri, quelli che hanno una platea di likes importante, che non nascondono la loro fascinazione per don Vincenzo, colpisce la loro autocensura e si accontentano delle battute di avanspettacolo contro il malcapitato di turno. Tra una citazione e l’altra di Schopenhauer, io tremo per il mio Sud.

#RinoGirimonte

Nato calabrese nella penuria degli anni ’50, a Roma sono cresciuto, ho frequentato la scuola della strada, l’università di filosofia e delle lotte, piccole e grandi patrie mi abitano ” amo la libertà delle righe sussurrate, insurrette, in eterna guerra contro le frasi armate”.