COVID19 E L’ONDA DELLA PAURA

Di Enrico Bernini Carri

E’ evidente che questa seconda ondata non è arrivata inaspettata e tutti sapevamo che la riapertura dei luoghi di lavoro, le scuole, le università, l’affollamento dei trasporti e la fine metereologica dell’estate, avrebbero portato un significativo aumento dei contagi.

Ma in fondo in fondo, nonostante l’atteggiamento critico verso gli scienziati iper-ottimisti(ora sbeffeggiati e alla gogna),tutti abbiamo sperato che la ripresa autunnale avrebbe confermato il graduale indebolimento della Pandemia.
Invece ci siamo trovati in poche settimane di nuovo nello stesso incubo che avevamo già vissuto a marzo scorso.
Purtroppo alla fin dei conti,ci troviamo sì con le idee un po’ più chiare ma con armi terapeutiche ancora spuntate(niente tocilizumab, niente remdesivir, niente idrossiclorochina, antibiotici considerati inutili, cortisone contrastato, eparina solo in casi particolari, vaccino ancora lontano etc):ci resta in fondo solo l’attesa e la tachipirina per la febbre; un pò poco .
Per non parlare dei tamponi, ancora insufficienti, code e attese a volte snervanti e pazienti abbandonati senza alcuna assistenza per giorni.

In questo panorama desolante c’è da deprimersi e scoraggiarsi ed infatti il “mood” imperante sia dei colleghi che della popolazione generale ,è un senso di disperazione, di paura accompagnata dall’impotenza.
Alla prima ondata abbiamo reagito con coraggio, con speranza, forse dettata dall’incoscienza e dalla certezza che alla fine avremmo vinto noi; che la pletora di “scienziati esperti ciarlieri” avrebbero sconfitto il virus a furia di dichiarazioni televisive ed apparizioni mass-mediatiche.
Invece ci ritroviamo ,dopo essere stati considerati il miglior paese al mondo nella gestione della Pandemia, all’anno zero o quasi(come del resto moltissimi paesi nel mondo).

Allora che fare? E’ ancora il tempo degli eroi? Sicuramente si, ma è arrivato il tempo di cominciare ad avere una prospettiva di strategia comune ,di provare a ragionare nonostante l’emergenza o forse proprio nell’emergenza.
Le idee e le proposte ci sono, le capacità anche, ma ancora una volta abbiamo preferito e preferiamo aspettare gli eventi e non precederli.

Dobbiamo dominare la paura(e il senso di impotenza) che in questi
giorni ci attanaglia, dobbiamo ricompattare la difesa per attutire il colpo che comunque sta arrivando, dobbiamo prepararci non solo all’emergenza ma anche alla sua gestione ordinata!
In questi mesi,tante cose potevano essere fatte,ma la più grave è stata quella di continuare a trascurare la Comunicazione alla popolazione, consentire che mille Masaniello continuino ad agitare gli animi surriscaldandoli ed aumentando l’ansia ed il timore tra cittadini ed operatori.

Manca ancora una COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE credibile(non quella dei continui DPCM),una voce autorevole, frutto di una elaborazione mediatica meditata che tolga spazio alle voci solo catastrofiche per lasciar spazio ad una speranza ragionata, che non neghi la realtà difficile, ma che sappia anche indicare una via d’uscita da percorrere in maniera seria.
Purtroppo il mantra del “mettetevi le mascherine”(cosa giustissima) e “chiudiamo tutto”(cosa a mio avviso un po’ meno giusta) sembra essere diventata l’unica strategia possibile in questo Paese.

#EnricoBerniniCarri

Enrico Bernini Carri, Nato a Campobasso il 10/06/1958, residente a  Modena.
Presidente del Centro Europeo per la Medicina delle Emergenze e Catastrofi (CEMEC) – Consiglio d’Europa.
e-mail : enricoberninicarri@infinito.it