C’È CHI STA PEGGIO DI NOI MA QUESTO DOVREBBE RASSICURARCI? I NUMERI E GLI INTERROGATIVI

Di Alberto Tarozzi

E’ ormai una frase ricorrente, quella di guardarci attorno per attenuare le angosce dovute alla pandemia. Fotografie istantanee dell’oggi forniscono gli elementi di paragone tra le nostre condizioni e quelle dei nostri amici e nemici, vicini e lontani, per farci dire che, tutto sommato, non ci possiamo lamentare più di quel tanto.

Quando i guai altrui non sono vantaggio

In effetti basta guardare all’Europa, contrassegnata da situazioni ambientali più assimilabili alle nostre (clima e tempi della pandemia). Francia col triplo dei nostri casi giornalieri. Gran Bretagna con una sanità molto vicine al collasso in alcune aree come quella nordirlandese. La stessa Germania conta un numero di positivi quotidiani (oltre 7mila) che fino ad un mese fa non si sarebbe sognata. Inoltre, un insieme di nazioni piccole e piccolissime: Belgio, Repubblica Ceca, Olanda e poi giù giù fino al piccolo Montenegro, con indicatori che segnalano situazioni da brividi.

Perché altrove il virus corre di più?

E’ dunque vero che alcuni paesi sono più vicini di noi al muro contro cui andare a sbattere. Ma questo non deve distoglierci da un altro ordine di riflessioni. Con quali macchine stanno viaggiando, gli altri, per quello che riguarda la robustezza? A quale velocità stiamo marciando, noi e loro? E soprattutto, chi tra noi e loro sta frenando o invece ha ancora il piede sull’acceleratore?
Vista secondo queste nuove prospettive la nostra situazione “relativamente” migliore assume anche qualche connotato non proprio entusiasmante.

Nuovi parametri oltre quelli più noti

Diventa infatti opportuno individuare nuovi parametri, oltre a quelli maggiormente noti. Largo a tutti gli indici che non si limitano a fotografare l’esistente di ieri o di oggi, ma che, in sequenza, ci forniscono i lineamenti di come le cose evolvano nel corso del tempo, la loro velocità e la loro accelerazione.
Di quanto aumentano ricoveri, terapie intensive, decessi e con quali velocità e accelerazioni? E’ poco significativo limitarsi a sottolinearne il basso numero se si trascura il fatto che nel corso di un mese o due si sono moltiplicati per cinque o per dieci e che stanno mantenendo questo ritmo
Di quanto aumenta il rapporto tra i casi positivi rilevati e i tamponi impiegati? E’ dalla crescita di tale rapporto che emerge come la situazione stia sfuggendo di mano a chi dovrebbe individuare, tracciare e trattare i contagi.

Contagi su ogni 100mila abitanti

E infine, di quanto aumenta, se aumenta, e con quali ritmi, il numero settimanale dei nuovi contagi su 100mila abitanti? E’ infatti questo l’indice che viene sempre più utilizzato, su scala internazionale, per monitorare l’evolversi della situazione sul breve periodo. Vale a dire su di un arco di tempo per il quale è relativamente possibile pronosticare il futuro prossimo a partire dal passato prossimo.

Un paio di esempi a livello internazionale

Altri esempi, prima di passare all’Italia, tanto per dire che da questo indice si possono ricavare sia segnali di allarme che di efficacia della strategia intrapresa. Due dei paesi al mondo che maggiormente avevano registrato segnali inquietanti erano stati, nelle ultime settimane, Argentina e Israele. Ma con la verifica di questo indice di contagio nell’ultima settimana le considerazioni da fare nel merito sono di segno opposto.
L’Argentina, a dispetto del clima meno freddo che sta aiutando i paesi dell’emisfero australe, continua a registrare una sia pur leggera crescita di un indice già estremamente elevato (oltre 200 nuovi contagi settimanali su 100mila abitanti). Israele nonostante stia di poco al di sotto (intorno a 150, un valore comunque nell’ordine della nostra Lombardia) può vantare un certo miglioramento rispetto ai valori catastrofici che, solo un mese fa, lo avevano posizionato oltre quota 400.

Davvero ‘gli altri stanno peggio’?

Veniamo dunque all’Italia e verifichiamo in quali termini sia vero che “gli altri stanno peggio”. Lo stanno, finora, quanto a numero dei decessi, un indicatore che in passato ci aveva visto agli ultimi posti e che ultimamente fornisce, per noi, numeri meno drammatici di altri paesi, miglioramento grazie a una minore congestione negli ospedali e al miglioramento delle terapie.
Però è anche vero che la curva dei decessi evolve con tempi più lunghi di quella dei contagi.
Stanno peggio anche per quanto riguarda ricoveri e terapie intensive. Ma bisogna considerare che strutture sanitarie come quelle francesi e tedesche sono meno vulnerabili delle nostre. In più non possiamo sentirci colle spalle coperte, guardando al futuro, se è vero che, ad esempio, i ricoveri, sono recentemente cresciuti, in Italia, di oltre il 50%, nel giro di una settimana.

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#AlbertoTarozzi

Come Professore Ordinario di Sociologia generale, ha ricoperto la Cattedra di Professore Ordinario di Sociologia presso l’Università del Molise e precedentemente la Cattedra di Professore Associato di Sociologia dello sviluppo presso l’Università degli studi di Bologna.
E’ stato visiting professor presso il Centro di sviluppo dell’Ocse a Parigi e sempre a Parigi ha tenuto conferenze presso l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales. Ha svolto ricerche sui movimenti ambientalisti in Germania e sui Volontari italiani delle Ong per la Cooperazione allo sviluppo. Ha effettuato missioni di valutazione/progetti in numerosi paesi africani ed è stato responsabile di un progetto internazionale Ue InterregAdriatico tra Molise e Serbia.
Ha ricoperto il ruolo di docente incaricato per differenti insegnamenti del proprio settore disciplinare tra cui Sociologia della salute. E’ autore di numerose pubblicazioni di taglio sociologico, sia di carattere teorico che di ricerca.

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