Cacciari non docet

Di Paolo Varese


Massimo Cacciari, filosofo ed esponente politico di una sinistra che di sinistro non ha più nulla se non alcuni appartenenti, ha espresso una opinione destinata a far discutere, ed a dividere ulteriormente il già diviso popolo italiano. Dall’alto del suo scranno di ex deputato, ex europarlamentare e pensionato di lusso, ha auspicato che anche gli statali paghino per la crisi, perché, secondo lui, è una sperequazione sociale che alcune persone non guadagnino nulla a causa delle chiusure, ed altri invece, in quanto pagati dallo stato, non debbano risentire degli effetti del covid. Che dire di questa affermazione? Demagogica? Senza dubbio lo è, ma andando a scavare nel senso delle parole, emerge la classica visione macchiettistica e parodistica dell’impiegato statale, un Fantozzi non più virtuale ma reale, inserito nel mondo in cui viviamo. Parole che non sfigurerebbero in bocca a qualcun altro di opposto segno politico, indicato attualmente come il divulgatore delle chiacchiere da mercato. Identico stile, identico mare in cui gettare la rete, per acchiappare voti, consensi, applausi. Lo statale vive bene, non risente della crisi. Eppure lo statale è quello dei pochi, maledetti, e subito, riferito ai soldi, allo stipendio. Lo statale è quell’ingranaggio che consente di andare avanti, perché nonostante nelle pubbliche amministrazioni non forniscano mascherine e presidi di difesa, i dipendenti continuano a lavorare, a timbrare quel cartellino su cui in troppi sputano, di cui tutti sparlano. Gli statali attualmente stanno pagando tasse che servono al paese ad andare avanti. Stanno pagando mutui che consentono all’Italia di non fare la fine della Grecia. I dipendenti statali, i travet, come con disprezzo li denominano alcuni giornalisti, gestiscono tutto l’apparato, assicurano la sicurezza (perché negli statali rientrano anche le forze dell’ordine, le forze di polizie, le polizie locali). Probabilmente alcune affermazioni nascono dall’ombra in cui la storia e le nuove alleanze politiche relegano i vecchi protagonisti della politica, ed in quell’oblio che mal si sopporta, nasce l’esigenza di dire qualcosa per farsi notare, quando non basta più tingersi i capelli. Certo, forse se lo stato ed il parastato, come ha definito Cacciari tutto il settore, assumessero giovani invece di dare nomine di Advisory Board presso università statali a persone nate nel 1944, il traino di questo paese sarebbe diverso. Ed invece abbiamo fin troppe cariche, anche onorifiche, ricoperte da gente che dovrebbe elegantemente cedere il passo, ma non solo non cedono il passo ma rompono anche il ..silenzio, propalando teorie che servono solamente ad inquinare gli animi. E per fortuna che il signor Cacciari appartiene a quello schieramento in cui predica unione e pace, in cui si chiede alle opposizioni di sostenere lo sforzo comune. Le parole dell’ex sindaco di Venezia stanno già scatenando polemiche e litigi, e forse lui sarà contento dell’effetto ottenuto lanciando un petardo mediatico, ma di certo, come affermò Iacopo Badoer, un bel tacer non fu mai scritto, e tacere è qualcosa che alcune persone dovrebbero fare più spesso. Cacciari non docet più, e qualcuno dovrebbe dirglielo.

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nato a Roma nel 1968, segno zodiacale leone. Vive e lavora nella Capitale da sempre, appassionato di cinema, letteratura, arti visive. Rifugge il gossip e i programmi contenitore, preferendo la natura.