ARRESTATO A TRIPOLI IL TRAFFICANTE DI UOMINI BIJA, ANCORA PRIGIONIERI DI HAFTAR I PESCATORI ITALIANI

Di Ennio Remondino

Arrestato a Tripoli il trafficante di uomini Bija, restano prigionieri di Haftar i pescatori italiani
   

Abdurahman al Milad, pseudo ‘comandante Bija’ accusato dalla Corte dell’Aja di crimini contro i diritti umani per essere tra i maggiori organizzatori del traffico di migranti. Nel 2017 partecipò a una riunione governativa in Italia.
Pescherecci italiani sequestrati ed equipaggi prigionieri, l’arroganza di Haftar che chiede la liberazione di quattro libici condannati per traffico di esseri umani e strage

Il volto di Bija divenne noto grazie all’intervista esclusiva che gli fece nell’estate del 2017 Amedeo Ricucci del Tg1, quando ancora era il Comandante della Guardia Costiera di Zawiya. Il quell’intervista – Speciale Tg1 intitolato non a caso “L’Imbroglio” – Bija provò a difendersi dalle accuse di essere in combutta con i trafficanti di esseri umani, ma con scarsi risultati

‘Arresto concordato’ e Bija paga pegno

«Più che un arresto sembra la cronaca di una consegna concordata. Abdurahman al Milad, quel comandante Bija al centro di scandali e negoziati indicibili sulle due sponde del Mediterraneo, è stato bloccato ieri mattina in un sobborgo di Tripoli. Un fermo dai contorni ancora poco chiari», commenta su Avvenire, Nello Scavo, uno dei più caparbi cronisti d’inchiesta sul traffico di esseri umani dalla Libia.
«Bija sarebbe stato tratto in arrestato dalla ‘rada’ una delle polizie fedeli al redivivo ministro dell’interno Bashagha. Questi era stato dimissionato alcune settimane fa dal premier, a sua volta dimissionario, al-Serraj. Una cacciata sgradita alla Turchia, principale sponsor militare del governo di Tripoli, ottenendo così il reinsediamento di Bashagha».

Baija, un vecchio conto da saldare

Dall’aprile del 2019, Baija, mestiere ufficiale ‘guardacoste’, promosso supervisore del porto petrolifero di Zawyah, era destinatario di un mandato di cattura del procuratore generale di Tripoli. L’ordine non era mai stato eseguito, lasciando Bija libero di comandare la milizia al-Nasr durante le battaglie contro le fazioni arruolate dal generale Haftar, che dalla Cirenaica ha invano tentato per oltre un anno la conquista della capitale.
«Nei giorni scorsi diversi emissari delle milizie che controllano il territorio da Tripoli al confine con la Tunisia, hanno negoziato con il governo centrale che intende creare una sorta di federazione delle bande armate allo scopo di centralizzare il controllo dei gruppi combattenti. E Bija è uno dei pezzi pregiati della trattativa. Una pedina ingombrante, accusata dall’Onu di essere al centro del traffico di esseri umani, coinvolto direttamente nel contrabbando di petrolio e nella gestione del campo di prigionia ufficiale di Zawyah».

Anarchia libica e distrazioni italiane

Il trafficante nel maggio 2017, prese parte a una riunione sull’immigrazione al Cara di Mineo, in provincia di Catania, tra le autorità italiane e quelle libiche, e la vicenda emerse proprio da un’inchiesta di Nello Scavo. A creare molti imbarazzi politici allora, il fatto che pochi giorni prima anche il Centro di Alti Studi del Ministero della Difesa lo indicava tra i principali boss della tratta e del contrabbando. Le autorità italiane, dunque, avevano sufficienti notizie su di lui ma forse erano distratte.
L’incontro in Italia rientrava in un progetto comune del governo italiano e delle agenzie umanitarie Onu. La serie di riunioni facevano parte di un progetto finanziato dalla Comunità europea che prevedeva “visite di studio” in Italia da parte di una delegazione libica, i cui componenti venivano proposti dagli stessi libici ma “approvati” dalle autorità di Roma.

Bija bandito diplomatico

Bija allora ottenne il visto dall’ambasciata italiana a Tripoli presentando il suo passaporto legalmente concesso da Tripoli e con il quale già in passato aveva viaggiato in Europa da giovane studente dell’accademia militare libica.Un anno dopo, il 7 giugno 2018, il Consiglio di sicurezza dell’Onu dispose sanzioni internazionali su Bija e altri suoi complici. Su di lui ci sono almeno tre inchieste in Italia. «Alcune riguardano anche l’ipotesi di operazioni illecite con il coinvolgimento di funzionari pubblici. Nei mesi scorsi il tribunale di Messina ha condannato a 20 anni di carcere ciascuno tre torturatori nordafricani arruolati proprio dalla milizia di Bija per seviziare i migranti del campo ufficiale di Zawyah».
Bija è stato accusato dalle Nazioni Unite di essere uno dei più efferati trafficanti di uomini in Libia, padrone della vita e della morte nei campi di prigionia, autore di sparatorie in mare, sospettato di aver fatto affogare decine di persone, ritenuto a capo di una vera cupola mafiosa ramificata in ogni settore politico ed economico dell’area di Zawyah.

Haftar i pescatori italiani e i suoi banditi

Mediazione degli Emirati con Haftar per il rilascio dei pescatori siciliani. Fra i vari contatti che il governo italiano ha attivato per il rilascio dei pescatori siciliani bloccati il 1° settembre al largo di Bengasi ci sarebbe anche il governo degli Emirati Arabi Uniti. Secondo una fonte dell’Agenzia Nova, gli Emirati starebbero portando avanti una mediazione con il cosiddetto “Esercito nazionale libico” (Lna) del generale Khalifa Haftar per liberare gli otto marittimi italiani, 6 tunisini, 2 del Senegal e 2 indonesiani. Le autorità della Cirenaica (in realtà il generale Haftar) hanno chiesto in cambio il rilascio di 4 cittadini libici condannati in Italia in via definitiva per traffico di esseri umani.
I 4 sono gli scafisti che nell’agosto del 2015 avevano attraversato il Canale di Sicilia con una imbarcazione carica di migranti: durante la traversata avevano percosso alcuni migranti, chiudendoli sottocoperta. La nave era affondata in prossimità della costa siciliana, e i migranti chiusi nella stiva non ebbero alcuna possibilità di salvezza.

Da Remocontro

#EnnioRemondino

Ennio Remondino, nato a Genova 1 novembre 1945.
Giornalista, corrispondente estero, inviato di guerra Remocontro.it la virtù del dubbio, spazio giornalistico aperto.
Libri:
Da Belgrado in diretta telefonica (coautore) con Rosanna Cancellieri, Manni Editori, 1999
La televisione va alla guerra, Sperling & Kupfer, 2002
Tutti sporchi comunisti?, Sperling & Kupfer, maggio 2003
Senza regole. Gli imperi televisivi all’assalto dell’Europa, Editori Riuniti, 2004. Niente di vero sul fronte occidentale. Da Omero a Bush, la verità sulle bugie di guerra, Rubbettino Editore, 2009